30 aprile 2007

Narcisismo e portali letterari



Altra incursione tabardiana (arriveremo dappertutto!). Stavolta non si tratta di una classifica (e nemmeno di narcisismo, suvvia, un pò di sana pubblicità), stavolta segnaliamo che alcuni validi e valorosi membri del gruppo sono approdati anche sulle pagine di GriseldaOnLine, il portale di letteratura dell'Università di Bologna responsabile anche, udite udite, della pagina culturale di Repubblica.it - Bologna. Il sito propone ogni mese un tema di approfondimento diverso. Questa è la volta di L'altro, il diverso, lo straniero e questi sono i link agli articoli di Mimmo e di Achille. Ogni commento agli scritti è ovviamente incoraggiato e ben accetto sulle pagine del blog.

Paolo

Etichette:


Leggi tutto il post

Verso la cruna del mondo

Pochissime righe, giusto per una segnalazione sui contenuti della rete che, una volta tanto, riguarda il nostro sito. Qui trovate infatti il primo dei resoconti dall'India di Andrea Severi che, con un po' di voglia di giocare, abbiamo deciso di intitolare, richiamando Gozzano, Verso la cruna del mondo. Tra gli spunti forniti da Andrea, una cosa mi ha molto colpito: la riflessione sul rapporto tra la cultura occidentale e quella indiana intorno al concetto di rimozione e aggiramento. Segue un piccolo assaggio, aspettando i vostri commenti...

Vittorio


«Ti chiedi come possa questa società della pluralità degli atteggiamenti, del rispetto della vita nelle sue molteplici forme (nella sua verticalità che non va a scapito dell’orizzontalità, come forse avviene ed è sempre avvenuto nella nostra tradizione occidentale), questa società che sembra scandita da un tempo antico, che non incalza mai le vite degli uomini, come questa società – dico – possa accogliere la nostra modernità capitalista, basata sulla standardizzazione, sull’efficienza, sulla rimozione di ostacoli piuttosto che sul loro aggiramento… ecco! Questa dell’ostacolo mi sembra una metafora abbastanza felice: la nostra società europea ha potuto dominare ed espandersi promuovendo di volta in volta un pensiero, una ideologia a discapito di tutte le altre (da qui censure, roghi, battaglie per la supremazia): il carburante della "civilizzazione" e del "progresso" sono sempre state vite umane, intelligenze, modi alternativi al modello.»

Etichette:


Leggi tutto il post

29 aprile 2007

Narcisismo e blog letterari

Dal blog La poesia e lo spirito posto la classifica dei primi 23 blog "letterari" d'Italia secondo i parametri di BlogBabel:

Nazione Indiana - Carmilla - Vibrisse - Giuseppe Genna - La poesia e lo spirito - Lipperatura - Il primo amore - Georgiamada - L’attenzione - Satisfiction - Enzoblog - Absolute poetry - Universo poesia - Erodiade - Blanc de ta nuque - Liberinversi - Slowforward sequenze - Imperfetta ellisse - Poetienon - Bombasicilia - Tabard - (il) Crise.

Ciao,
Mimmo

Etichette:


Leggi tutto il post

25 aprile 2007

25 Aprile. Sempre.




Leggi tutto il post

23 aprile 2007

Il minimalismo, ovvero il tentato omicidio della poesia

«Se prendiamo come spartiacque temporale l’antologia La parola innamorata uscita nel 1978 a cura di Giancarlo Pontiggia e Enzo Di Mauro, noteremo che in essa vengono conglobati autori diversissimi per orientamento stilistico e ideologico, accanto agli esponenti del movimento sessantottesco vi si trovano esponenti del “riflusso” lirico, noteremo anche un fenomeno tipico del tardo Novecento: la presenza di una sorta di diffusione di massa della poesia, che viene esercitata da una pletora di addetti sempre più numerosa e confusa. Ad un esame d’insieme, la lettura dell’antologia ci rivela immediatamente la crisi della lirica, che viene sliricizzata e svuotata di legittimità sia dagli autori seguaci dei dettami dell’Opposizione sia dai suoi restauratori, che in realtà si attestavano su posizioni di palese ingenuità ideologica e sprovvedutezza critica.»

(Questo è l'inizio di un lungo intervento di Giorgio Linguaglossa, direttore della rivista Poiesis. Qui trovate tutto l'articolo. Va assoltuamente letto.)

Mimmo

Etichette:


Leggi tutto il post

20 aprile 2007

Più profondo di una rivoluzione, una rigenerazione

Solo un'altra segnalazione:

Uno stralcio dall'editoriale dell'edizione cartacea de Il primo amore in uscita a breve.
Sarebbe interessante discuterlo. Anche in relazione all'intervista concessa a Tabard da Tiziano Scarpa.


Etichette:


Leggi tutto il post

Sette cose

* Questo recente post di Nazione Indiana comincia così: "Michele Mari è uno dei più grandi scrittori italiani viventi". Addirittura? Io non lo conosco, chi sa dirmene qualcosa?

* Una giusta segnalazione di Mazzetta.

* Per quanto riguarda il nostro vecchio discorso nato dal post su Il nostro pane quotidiano, vi segnalo questo ulteriore contributo.

* Georgiamada riporta il bell'intervento di Mario Tronti, scritto per le celebrazioni del settantesimo della scomparsa di Antonio Gramsci.

* Da un'Ansa di ieri: "Si chiude dopo 12 anni la missione italiana a Mostar, capitale dell'Erzegovina e simbolo della guerra che portò alla fine della Jugoslavia". Merda, ci stavamo ancora?

* Vi prego, date un'occhiata a questa GENIALATA: il Generatore di articoli di Libero. Imperdibile.

* Sempre Georgiamada, riprendendo Salamelik, invita alla solidarietà nei confronti di Vauro per la discussa vignetta raffigurante Magdi Allam. Detto fatto:

Paolo

Etichette:


Leggi tutto il post

19 aprile 2007

Ciucciatevi il calzino!


Vent'anni fa, il 19 aprile 1987, andava in onda in America il primo episodio dei Simpsons. Una serie destinata ad un successo travolgente e ad un'influenza enorme non solo sul mondo dei cartoni animati ma sulla pop culture in generale. A me personalmente hanno cambiato la vita, e non ringrazierò mai abbastanza quel genio di Matt Groening. Nel nostro piccolo, in quanto italiani, dovremmo uno speciale ringraziamento anche a quell'altro genio di Tonino Accolla, che nella direzione del doppiaggio non solo ha reso perfettamente lo spirito del mondo di Springfield ma ha anche brillantemente sopperito alle inevitabile perdite lessicali e dei riferimenti locali con la riuscitissima aggiunta dei dialetti italiani.

Tutti in piedi e applausi. E altri vent'anni di intelligentissima e spassosissimma televisione.

Paolo

Etichette:


Leggi tutto il post

Declino, melanconia, limbo: un inferno dolce

A proposito di declino: mi frulla per la testa e non solo la parola ‘melanconia’, e la sua amica ‘limbo’, e se poi ci penso mi accorgo che hanno molto a che fare con le 3 declinazioni del declino su cui vorrei scrivere nel prossimo numero: il dandy, Bartleby lo scrivano e gli Amish. E qui vorrei buttare giù un po' alla rinfusa roba sull'articolo che verrà (si spera).

La melanconia, dalle mie sfogliate di libri e soprattutto dalle mie sensazioni, è quella roba - affetto - che in estetica, psicopatologia e storia dell’arte è considerata ben più ‘grave’ della ‘depressione’, anche se meno pericolosa - non ci si ammazza per ed in essa - proprio perché statica - non mi ritrovo con la parola declino proprio perché allude ad un dinamismo seppur terminale -; la melanconia è a-drammatica, quasi chetata e fuori dal tempo. Un affetto nostalgico di un dolore, una perpetrazione e perpetuazione luttuosa di non si sa bene cosa - una nostalgia senza oggetto -, una sospensione dal piacere, dalla ‘chiamata’ vocativa, dall’ispirazione, un sentimento urbano ed estremamente distaccato tanto da diventar quasi un meta-sentimento (?), uno stato d’animo che ci difende e che crea e sostanzia un vero e proprio limbo, ossia un contenitore sfumato ed indistinto così come ciò che contiene, una brocca di vetro con ai bordi un fumo denso ma non troppo, luogo eletto - ma senza essersene resi conto, la scelta del limbo è un controsenso, nel limbo ci si finisce - del proprio ritiro. Insomma non si sta proprio male nel melanconico, nel declino, nel limbo, soprattutto se si esce dalla psicosi di un paio di guerre mondiali e dalla perversione distorcente della guerra fredda totalitaria, con annesse depressioni consumistiche, ma non ci si sta nemmeno così bene in questa evanescenza, nel nulla che succede...

Eppure il limbo può essere stimolo, luogo di creazione ed ispirazione - lo psicanalista Pontalis proprio al limbo ha dedicato un lungo saggio elogiativo, dal sottotitolo ‘un inferno più dolce’ - pur nell’assenza di investimenti valoriali o pulsionali - sempre nell’indistinzione identitaria ci si trova -, luogo del dandy (sì, ci so’ tornato), o per lo meno luogo del melanconico e distaccato dandy che, in procinto di una gita, chiede distratto al suo maggiordomo: «Archibald... Which lake do I prefer?» [Che lago preferisco?], figura che l’artista concettuale italiano Giulio Paolini - che personalmente adoro - riprende per dar conto nelle cose che scrive della supposta ‘creazione’ dell'artista, arrivando - alle mie orecchie di wittgensteiniano ed amante folle della Critica della Facoltà di Giudizio di Kant - a delle intuizioni geniali, per quelle linee di calembour e deviazioni, di visioni e riflessioni a specchio che pochi artisti permettono a se stessi, come prestigiatori che non solo non vogliono rivelare i loro trucchi ma quasi non ci vogliono pensare loro stessi.

In sintesi, anche se lui non lo dice così, si arriva a vedere come si tratti proprio di prendere i conigli da dentro il cilindro (vuoto?) del prestigiatore - questa per me l’unica immagine (la propone lo scrittore di fumetti e non solo Alan Moore) che riesce a dar conto dell’arte e quindi del pensiero umano e dar senso a quella domandina futile futile del tipo “ma da dove prendi le idee?” -; insomma si tratta di prendere e riconoscere, nel distacco da sè e nelle sue ricomposizioni. Quindi il limbo - o il declino, ma forse qui sono fuori tema, non so, in realtà scrivo tutto questo perché me lo diciate voi - può perfino avere forme di vita al suo interno, magari non battezzate, senza colpa quindi forse senza nome o volto, sicuramente non generate - nel limbo non c’è sesso - ma trovate lì... Insomma, esercitando e declinando la propria soggettualità - la preferenza -, il dandy, come noi tutti, compie un declino - dal pieno al vuoto, dall’Io come illusione identitaria e direzionalmente desiderante al soggetto come buco della creazione intesa come riconoscimento e riempimento -, e trova in esso dunque la possibilità del pensiero stesso, del pensiero realmente pensato, del pensiero non (solo) ermeneutico, del pensiero ex novo poiché ex nihilo dal cilindro; davvero bizzarro, pensando a come il limbo pietrifichi invece il soggetto e lo avvolga di Ombre e Nebbia (dopo averne letto il soggetto, o forse la sceneggiatura teatrale, sono anni che vorrei vedere ‘sto film di Woody Allen, mi sa che è arrivato il momento di affittarlo).

E qui entra, o pensando al personaggio esce, Bartleby lo scrivano, con il suo ‘I would prefer not to’, strana forma grammaticale - una possibile traduzione in italiano è ‘avrei preferenza di no’ - reiterata stolidamente e malinconicamente per declinare qualunque richiesta, invito o comando ricevuto dagli altri - Bartleby distrugge la contestualità del linguaggio -; formula che non esprime una volontà di non..., ma una volontà di no, un nulla di volontà - e già che si ci siamo Bartleby distrugge la referenzialità del linguaggio -, formula che lo porta fino a perdersi, non in senso di una follia deliroide, ma come e vera propria sparizione. Questi ultimi due incisi, quelli su B. ed il linguaggio, li devo al poco che ho capito di un saggio di Deleuze - che a me di norma non fa proprio impazzire - proprio su Bartleby, ma qui ho bisogno proprio di andarmi a rileggere Mellville dato che saranno quasi dieci anni; comunque spero che un po’ ci siamo capiti, Bartleby è proprio la forma melanconica per eccellenza, cui penso in termini se volete ‘negativi’ - non fa proprio ‘sta bella fine -, e però nel suo essere puramente ‘il limbo’ (mi) dice veramente moltissimo, diventa esemplare di tanta roba che mi vedo attorno ed indosso, esemplare non in senso statistico e sociologico ma come categoria dello spirito - ok, io non è che sappia bene che cosa sono le categorie dello spirito, ma per dirla più semplicemente è un uomo senza qualità, anche narrative, se non quella declinante: sembra una macchietta ma non da due soldi e con qualcosa da dire al posto del solito tormentone, e quel qualcosa è nulla, è una maschera senza bisogno di volti o ammenicoli, un caratterista del nulla, un soggetto senza io (o viceversa, mica ho capito bene).

Vabbè, tutto sto casino è quanto, che ovviamente non giunge a nulla (limbo, ricordate?), così tanto per ‘socializzare’ quello che mi passa per la testa, sperando magari di ricevere qualche cosa, commenti e consigli soprattutto, me anche improperi, che come si vede non è che abbia le idee molto chiare su sta roba che mi riguarda parecchio.

Ah, degli Amish - mica me ne ero scordato - ve ne parlo, forse, n’altra volta (in sintesi Amish=limbo=tolleranza ovvero gli Amish sono fuori dal tempo storico, in teoria fuori dal declino, per provare a vivere un tempo ‘umano’ perché divino e quindi agli Amish non gliene frega un cazzo di nulla, possono vivere in mezzo a persone che non stimano affatto e di cui non condividono affatto gli stili di vita ma non rompono le scatole a nessuno, se si continua il paradosso - che è di Slavoj Zizek - alla fine si vede che gli unici tolleranti o aperti sono loro, gli unici che smontano i giochi delle convinzioni e delle invidie...).

Francesco

Etichette:


Leggi tutto il post

Declino?

Recupero un mio commento sulla questione del tema del prossimo numero - che immagino non sia stato letto, perché venuto tardi e sommerso dunque da altri post. Più che altro perché so che le scadenze sono abbastanza "stringenti".
(tra parentesi sarebbe bene anche annunciare l'uscita del numero 5, no?).

Dicevo: "Mi piacerebbe si continuasse qui la discussione sul tema. Sarebbe bene - per noi all'estero, e anche per una formulazione scritta e più estesa - che i tabardiani esplicassero per esteso quelli che sono stati i loro interventi durante il corso della riunione. [aggiungo: quella di febbraio e quella a venire]
Una sola domanda. Abbiamo fatto un numero sulla "personalità autoritaria" per sottolineare come molteplici spinte nella loro assolutezza e "unità" oggi, nelle nostre società, portino a un'evidente forma di autoritarismo (ma si può utilizzare foucaultianamente il plurale di forme). E tutto questo discorso rimaneva chiaramente nell'orbita teorica tabardiana della "dicotomia" molteplice/unità, cioé era già implicito nei presupposti del primo numero.
Se non vogliamo descrivere la nostra attualità come "epoca di decadenza", credo che dovremmo spiegare - spiegatemi - dunque, per chiarificarci gli intenti, il senso di un numero su questo tema che, sì è molto interessante e rappresenta una sfida teorica, ma che però dovrebbe cercare un aggancio profondo e una motivazione "militante" in relazione al contemporaneo.
Insomma, molto semplicemente, posso intuirlo ma in direzioni diverse e non chiare, perché Tabard realizzerà un numero sulla decadenza?
Mi sarebbe molto utile se iniziassimo a rispondere a questa banale e sostanziale domanda, che credo sia venuta fuori durante una chat skypesca con mimmo.
Davvero è solo per iniziare a capire (dato che di leggere per il momento, il mio momento, ancora non se ne parla)".

eugenio

Etichette:


Leggi tutto il post

18 aprile 2007

Tre cose #2

* Su ComeDonChisciotte questo post sul declino ambientale, meno catastrofista di quanto il titolo possa lasciare intendere. Rispetto a quelli che ho letto io finora mi sembra molto interessante l'analisi storica dei grandi interventi umani sulla natura precedenti alla rivoluzione industriale. Non so, ma questo discorso sull'ambiente, soprattutto con le sue implicazioni sociopolitiche e morali, mi interessa sempre più; pensate che potremmo inserirlo come uno dei percorsi del declino?

* Su Nazione Indiana questo lungo post di Andrea Inglese sul colossale post-sbronza da fine della storia: impegno intellettuale, pensiero unico, homo poeticus vs homo politicus, internet e diffusione dei saperi, cultura del limite vs cultura del progresso.

* Su Macchianera uno dei migliori commenti alla vicenda della Chinatown milanese (seguito poi da un altro che in parte lo contraddice, o quantomeno va in una ben altra direzione).

Paolo

Etichette:


Leggi tutto il post

16 aprile 2007

Katalipsi telos!

Sembrano finiti anche per gli studenti greci i bei tempi dell'università pubblica. Lo scorso 8 marzo il governo di centro destra guidato da Karamanlis ha approvato, dopo un lungo e problematico iter, la legge che prevede l'allineamento dell'università greca alle direttive europee e alla nefasta Dichiarazione di Bologna. L'università greca rimaneva una delle migliori a livello europeo sia dal punto di vista didattico dei programmi, di un'ampiezza rara confrontata alle nuove cose nostre, sia soprattutto da quello dei servizi offerti agli studenti: niente tasse, libri di testo gratuiti, mensa gratuita, sconti su tutti i mezzi di trasporto pubblici, biblioteche aperte fino a mezzanotte. La nuova legge prevede invece la costruzione e l'affiancamento di istituti privati equiparati (ovviamente con sussidi pubblici... it's the same old story), la cessazione della gratuità per libri e mense negli atenei, il vincolo per gli studenti a concludere gli studi al massimo in un numero di anni pari al doppio di quelli previsti (con evidenti conseguenze per gli studenti lavoratori), l'applicazione del terribile modello 3+2.

La proposta di legge avanzata lo scorso anno aveva immediatamente suscitato una protesta unanime del mondo accademico: quasi tutte le facoltà elleniche erano state occupate (katalipsi = occupazione) e in molti casi anche con l'appoggio del personale accademico e dei professori. Il governo aveva accolto la richiesta degli studenti di sedersi ad un tavolo di trattativa senza mai davvero prendere in considerazione delle modifiche significative al testo di legge. Sì perché gli studenti greci, nonostante i pregi di cui sopra, non sono certo pazzi per l'università così com'è. La critica principale del movimento va all'istituto dei terribili esami panellenici: finita la scuola superiore ogni studente greco che vuole proseguire gli studi è obbligato a passare un complesso esame nazionale, il punteggio del quale stabilirà a quali facoltà si può ambire (sì perché non tutte sono uguali: su un massimo di 20, per medicina, ad esempio, ci vuole un 19; per letteratura italiana invece [sigh] basta un misero 11). Questo iniquo esame nazionale è la causa principale della fuga di un'enorme quantità di studenti greci verso gli atenei esteri, soprattutto anglosassoni, e la sua permanenza non è stata minimamente messa in dubbio dalla nuova legge. Una conseguenza indiretta di questo esame è anche il prolungamento del tempo mediamente impiegato dagli studenti greci per laurearsi, dal momento che una volta conquistato un posto in facoltà con tanta fatica, la tendenza generale è quella di sedersi al bar con un caffè da mezzo litro e un gran paglione e di prendersela comoda assecondando la leggendaria lentezza ellenica, la famigerata hallarà tessalonicese. Altre critiche mosse dagli studenti all'attuale istituto universitario riguardano la scarsa competenza dei professori, assunti con un sistema secondo molti clientelare. Le proteste contro la riforma sono ovviamente uscite dagli atenei e si sono tradotte in ingenti manifestazioni per le strade delle maggiori città dove sono state duramente represse con la forza dalla polizia: gas lacrimogeni e pallottole di gomma sono volati fitti tra i 35mila partecipanti alla manifestazione di fronte al parlamento di Atene, causando diversi feriti, e lacrimogeni sono stati sparati anche all'interno del politecnico di Salonicco. Purtroppo le divisioni interne createsi nel movimento studentesco, ad opera soprattutto di una triste e controproduttiva opera di accaparramento di voti e preferenze da parte dei partiti soprattutto di sinistra e dei loro rappresentanti studenteschi, hanno contribuito allo spegnimento e al fallimento finale dell'azione di protesta e occupazione che in alcune facoltà è comunque durata quasi un anno.

La massiccia partecipazione degli studenti e la pesante repressione non possono non far pensare alla storia del movimento studentesco greco che fu alla base della coraggiosa rivolta che fece cadere la dittatura dei colonnelli, la Hunta (Giunta), nel 1974 dopo circa sette anni di regime. Dopo gli scontri storici al Politecnico di Atene e dopo il ripristino della democrazia, gli atenei greci ottennero addirittura una sorta di immunità che impediva l'ingresso della polizia nei campus e negli ambienti universitari (non vi dico ovviamente le brase che si fumano da quelle parti), privilegio soprattutto simbolico a cui gli studenti sono ancora attaccatissimi (dai, non solo per le brase) e che verrà parzialmente modificato.

Paolo

Etichette:


Leggi tutto il post

12 aprile 2007

Quattro cose

* Un commento intelligente alle immagini trasmesse dal Tg1 sul caso Mastrogiacomo, qui.

* Due articoli su Carmilla: uno sulla vergognosa vicenda dei preti pedofili e della protezione loro garantita dalle gerarchie vaticane, l'altro (già recuperato da diversi siti) di Bifo su Gomorra.

* In ritardo, ma adatto a proposito del post precedente, segnalo anche questo articolo.

* Rimbalzo l'ottimo consiglio di Buonipresagi: date un'occhiata a questo bel blog a fumetti.

Paolo

Etichette:


Leggi tutto il post

10 aprile 2007

I Libernauti

Altro sintomo della sempre maggiore importanza (predominio?) della rete nel mondo della stampa. Come noto, il New York Times ha annunciato che probabilmente tra cinque anni uscirà solamente online, abbandonando il cartaceo, sorte già toccata alla storica rivista americana Life. In Francia, il giornale Libération ha inaugurato uno spazio di due pagine, tra le prime della sua edizione cartacea, ai commenti, alle segnalazioni, agli articoli e alle foto degli internauti frequentatori del suo sito, i cosiddetti "Libénautes". Segnatamente, la prima di questo nuovo spazio era dedicata ai commenti (quasi tutti critici, va riconosciuta l'onestà) alle dichiarazioni del direttore del giornale sul ruolo del candidato "centrista" Bayrou, personaggio-rivelazione di questa incertissima campagna elettorale, almeno stando ai sondaggi (sondaggi che però, ricordiamolo, nel 2002 davano Le Pen solo intorno al 10% e sappiamo tutti come andò a finire). Un piccolo passo avanti nella considerazione che la stampa ufficiale dimostra verso i nuovi modi di informazione "diretta" o "di base": nello stesso numero di Libé si parlava di una sorta di sciopero indetto dai fotoreporter professionisti che vedono parte del loro territorio sempre più minacciato dall'enorme disponibilità e maneggevolezza di strumenti video o fotografici in possesso ormai di chiunque. Proprio in Francia, per esempio, una dozzina di giorni fa, è scoppiata una sommossa alla Gare du Nord in seguito ad un controllo biglietti: dopo pochi minuti dall'inizio dell'evento, quando nessun giornalista era ancora arrivato sul posto, già circolavano decine di foto e video degli scontri, e indymedia.fr postava già un articolo.
Insomma si va verso un'informazione sempre più partecipata e autogestita, forse poco organica, ancora con scarsa visibilità, ma sempre meno controllabile da poteri centrali. E i protagonisti principali, i blog, sono ormai al centro dell'attenzione mediatica, da diverso tempo sono nati corsi di scrittura per il web, e gli internauti riescono a rivaleggiare con l'informazione ufficiale (in Italia sempre più imbavagliata e lacunosa, Report gli dedicò una puntata): un caso su tutti, il celebre smascheramento degli omissis del caso Calipari da parte di Gianluca Neri, pubblicato sul suo blog Macchianera.net. Insomma con un pò di attenzione e passione, direi che si può fare di un blog molto di più di un diario personale o collettivo. Facciamo la nostra.

Paolo

Etichette:


Leggi tutto il post

Novecento (Non è un romanzo)


Tra le mani Novecento (Non è un romanzo), ultimo libello di Giorgio Gattei, docente di Storia del pensiero economico a Bologna, critico cinematografico, storico del costume (leggi: storia della prostituzione) e, soprattutto, dietrologo.

Il volume, edito nella collana "Ogni uomo è tutti gli uomini" ripercorre la storia del Secolo Breve, attraverso le evoluzioni del sistema capitalistico. Un'efficace e provocatoria sintesi del suo sviluppo: dalla lotta al totalitarismo nazifascista a quella contro il comunismo. L'apparenza di un capitalismo buono attraverso le ricette keynesiane del Welfare State (lo stato del benessere) e del Warfare (lo stato del guerr-essere, la guerra finta con l'Estasia e l'Eurasia). Ed oggi, tramontata l'alternativa comunista, mentre il Welfare in crisi viene spodestato dai nuovi modelli di Workfare, il capitalismo, che come tutti i sistemi economici è vendicativo, può prendersi la sua rivincita. Andiamo verso una "Stato del Malessere"?

Lorenzo

Etichette:


Leggi tutto il post

06 aprile 2007

Chi sei, o lettore?

Ispirato dai geniali animatori del blog di Gago, sono andato a curiosare, grazie a ShinyStat, tra le chiavi di ricerca che hanno portato alcuni navigatori alle pagine di questo blog. E ne ho tratto due osservazioni (delle 118 visite "portate" dai motori di ricerca, ben 67 vengono dalla chiave Images, che non fa testo. Ne restano 51, che contengono le cose più varie), una seria, una meno.

1) 7 visite, cioè circa il 13,7%, sono direttamente a proposito del documentario che ho segnalato, Il nostro pane quotidiano. E sono tante per un misero bloghettino come il nostro; segno che se postiamo roba interessante (e qui gli inviati all'estero sono avvantaggiati) un pò di gente, volente o nolente, il Grande Dio Google la indirizza anche da noi.

2) Come cazzo ci è arrivata qui della gente che cercava:
- Cazzi da cavallo
- Che cos'è lo stige
- Il cazzo dei maschi
- John Holmes foto tutto su internet
- Ludovica zoofila
- Pantragismo
- Psicologia
- Proverbi sul tema avere le palle
- Quadri minimalisti
- Rododendro pianta da interno o esterno
- sbronza+wikipedia

Ovviamente l'osservazione meno seria era la 1.

Paolo

Etichette:


Leggi tutto il post

05 aprile 2007

Tre cose

* Un post simpatico a proposito di chiesa e matrimoni, da Nazione Indiana.

* La messa online da parte di Daniele Luttazzi di un suo famoso pezzo teatrale che sollevò una gran quantità di polemiche: è forte, a voi il giudizio.

* Un post di Information Guerrilla che riporta l'introduzione di un libro molto inquietante (almeno per me che subisco pesantemente il fascino di ogni teoria complottista).

Paolo

Etichette:


Leggi tutto il post

04 aprile 2007

La plausibile negabilità (o Essere nel posto sbagliato al momento giusto) (o Cosa fa veramente Gianni Motti?)

C'è un tizio. È questo nella foto. È un cazzone eccezionale. È italiano ma, come spesso capita, in Italia non lo conosce quasi nessuno (basta gettare un occhio alla desolante pagina di Wikipedia). A scrivere il suo nome su un motore di ricerca se ne cava poco. Io però l'ho incontrato al Palais de Tokyo qualche tempo fa, mentre faceva il conto alla rovescia partendo da 5 miliardi. Si chiama Gianni Motti, vive a Ginevra e conduce una vita esemplare.

Situazionista? Attivista? Performer? Un idiota? L'etichettamento non mi è mai riuscito né piaciuto molto, quindi lascio i punti interrogativi appesi lì dove sono. Gianni Motti è uno che deve divertirsi un sacco. È un artista senz'arte, o meglio, fuori dall'arte, beato lui. È un artista senza linguaggio. Usa la stampa, qualche fotografia, se stesso, soprattutto se stesso, il tempo, lo spazio, la provocazione e noi tutti e le nostre aspettative e i nostri sistemi di valori. Sfrutta la credibilità dei media per dare autenticità alla sua arte. Impasta linguaggi e forme, la burocrazia con la magia, la goliardata con la protesta, manipola le situazioni più normali e così facendo rompe e desacralizza i riti. Fa quello che deve, o dovrebbe, fare l'arte per essere considerata contemporanea (no?): decontestualizza.

La poca fama che ha in Italia credo sia dovuta soprattutto all'esposizione di una saponetta ottenuta, a suo dire, dal grasso della liposuzione che Berlusconi fece in una clinica svizzera. Opera assolutamente insufficiente a far capire cosa fa veramente Gianni Motti (cosa fa veramente Gianni Motti?). Con lui la definizione d'arte non è mai stata così sottile, né così divertente.
Dato che descriverlo è compito arduo, visto che lui stesso ha lavorato per renderlo tale, vi riporto qui alcune delle sue opere. E visto che sono opere senza linguaggio, o con diversi linguaggi al loro interno, sono ben traducibili, fatte apposta per essere raccontate e riportate, senza rischio d'infedeltà.


* Il 29 luglio 1989 a Vigo, in Spagna, appare tra i necrologi quello di Gianni Motti. Il corteo funebre con bara aperta si incanala nella processione per la festa di Santa Maria e ne diviene parte centrale. Al cimitero, vicino alla fossa, il morto si alza e scappa inseguito dalla folla di fedeli che gridano al miracolo. Pezzi della bara verranno venduti all'asta come reliquie.

* Il 28 giugno 1992 Gianni Motti rivendica la paternità del terremoto che ha colpito la California. Nel 1994 e nel '96 rivendica anche le scosse sismiche che hanno colpito la zona francese Rhône-Alpes inviando alle agenzie di stampa delle fotografie in cui tiene in mano cartelli con su scritti comunicati del genere:
«Genève 14/12/1994
Je revendique le tremblement de terre qui a frappé la region Rhône-Alpes et qui a atteint une magnitude de 4,5 à 4,8 sur l'echelle de Richter».
Farà lo stesso per eclissi e piogge di meteore, diramando stavolta appositi inviti alle sue esposizioni, essendo questi eventi prevedibili.

* Nell'agosto del 1995, il Centre d'Art di Neuchâtel gli chiede un pezzo supplementare per la propria esposizione. Motti si infiltra allora nella squadra di calcio Neuchâtel Xamax in occasione della partita di serie A svizzera contro gli Young Boys. Dopo il riscaldamento e il saluto al pubblico, Motti si accomoda in panchina.

* Nel 1997 Sebastien Pecques, uno studente della École des Beaux-Arts di Grenoble, vince una borsa di studio che gli permette di passare un semestre insieme ad un artista di sua scelta. Sebastien decide per Motti. Motti usa i soldi della borsa per mandare lo studente in giro per il mondo alla sola condizione di indossare sempre una maglietta con su scritto "GIANNI MOTTI ASSISTANT". La maglietta diventerà leggendaria e comincerà ad essere indossata dalla gente più diversa (soprattutto nel movimento no-global e affini).

* Nel 1996 al Centre National d'Art di Grenoble, per l'esposizione Autoreverse, Gianni Motti ha uno spazio a lui dedicato. Il visitatore che apre la porta che dà accesso alla sua sezione si ritrova in una sala d'attesa di uno studio psichiatrico. Nello studio c'è Motti che analizza i pazienti/visitatori e che rilascia certificati firmati. Nel 1997 questa performance intitoltata Psy Room, viene invitata in Colombia. Qui la maggior parte degli spettatori che Motti analizza rivelano che la fonte principale delle loro frustrazioni è il presidente Ernesto Samper. Motti invita il presidente ad una visita gratuita, invito che ovviamente cadrà nel vuoto. L'artista decide allora di andare lui dal presidente e il quotidiano nazionale El Espectador lo pubblicizza:
«NADA POR LA FUERZA, TODO CON LA MENTE
Hoy, a la 1:00 p.m. en punto, frente al Palacio de Nariño, Gianni Motti, artista italiano, se comunicará telepáticamente con el presidente Ernesto Samper Pizano. Otras artistas colombianos estarán fisica y mentalmente en el encuentro. También están invitados todos aquellos que lo consideren oportuno. La palabra clave para participar en la comunicación mental es: ¡DIMITA!»

* Il 7 novembre 1997 interviene all'assemblea dell'ONU al posto dell'assente delegato indonesiano. Prende la parola in favore delle minoranze etniche. Alcuni delegati delle popolazioni indo-americane lo appoggiano abbandonando l'aula per protesta. La seduta verrà sospesa.

* Nel 2000, in occasione del Mixing memory and desire del Neues Kunstmuseum di Lucerna, Motti apparirà nel corso di una settimana in diverse foto del giornale Neue Luzerner Zeitung. Dopo qualche giorno i lettori chiameranno massicciamente la redazione per chiedere chi fosse quel tipo in maglietta a righe che appariva in secondo o terzo piano nelle foto più disparate.

* Nel 2002, all'Helmhaus di Zurigo, nasconde insieme al collega Christoph Büchel e seguito da un notaio, un assegno da 50mila franchi svizzeri, cioè il budget assegnatogli per la mostra, nella galleria vuota e indice una caccia al tesoro tra gli spettatori. Il sindaco farà chiudere l'esibizione subito dopo l'inaugurazione.

* Nel 2003, alla Galleria Artra di Milano, rinchiude tre tizi in gabbia.

* Nel 2004, in occasione della visita di Bush a Parigi per l'anniversario dello sbarco in Normandia, Motti prende posto tra gli spettatori della semifinale del torneo di tennis Roland Garros indossando una busta gialla in testa in segno di protesta verso le torture dei prigionieri di Abu Graïb. (nella foto è quel quadratino giallo, un cm alla destra del giocatore)

* Sempre nel 2004, al Migros Museum für Gegenwartskunst di Zurigo, viene organizzata una sua retrospettiva. Motti fa allestire nel museo 600 metri di percorso totalmente vuoto.

* Aspettiamo sue nuove.


Paolo

links: qui e qui

Etichette:


Leggi tutto il post

03 aprile 2007

Un capolavoro del Novecento

Chiedo scusa se soppianto il ben più utile intervento di Eugenio, ma ci tenevo a far leggere a tutti i tabardiani (qualcuno già lo conosce) questo breve componimento. E in fondo col declino c'entra.

Mimmo

Infarto in trattoria

Verrà la morte
e avrà i tuoi gnocchi.

Gino Patroni

Etichette:


Leggi tutto il post