27 gennaio 2008

Tabard ricorda

"Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per un pezzo di pane
che muore per un sì o per un no.
considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato"

Primo Levi




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24 gennaio 2008

Il governo cade, Tabard no



Mentre il paese va a rotoli noi continuiamo il nostro sporco lavoro. Non solo la lavorazione del prossimo numero avanza a spron battuto, ma i tabardiani proseguono imperterriti a diffondere i loro ideali umbro-helvetici in altre sedi. Anche il nuovo numero di GriseldaOnLine in collaborazione con Repubblica.Bologna ospita infatti due interventi nostrani, il mio e quello del buon Achille, noto anche come il "Cassano dell'editoria". Come sempre ogni commento è benvenuto sulle sudicie pagine di questo blog pontificio.

Paolo

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Aviano, Italia

L'Associazione Culturale La Barberia
in collaborazione con XM24

presenta:

la prima proiezione bolognese di Aviano, Italia
giovedì 24 gennaio, ore 21:00
all'Ex Mercato 24
(via Fioravanti 24, Bologna).

Il documentario prodotto dal basso affronta lo scottante e poco conosciuto tema della presenza di bombe atomiche nelle basi militari italiane.

La proiezione si terrà dopo il mercatino biologico e durante tutta la giornata si raccoglieranno le firme per la campagna Un futuro senza atomiche.

Dopo la proiezione si terrà un breve dibattito insieme ai promotori della campagna.

L'ingresso è gratutito e per chi volesse sarà possibile acquistare le copie del dvd.

Daria

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23 gennaio 2008

Young Italy

L'altro giorno, tra amici, ci si domandava chi cazzo fosse quella palla di lardo spettinata e avvolta da un'inquietante camicia verde su Mtv, nota anche come Mario Adinolfi: continuo a non saperlo, e mi interessa poco, ma credo che avremo le idee più chiare dopo la lettura di questi due stralci dal suo blog:

"Premesso che non sopporto Jovanotti e che lo uso sempre per dimostrare le drammatiche conseguenze logiche in cui incorrono i relativisti (per i quali, in assenza dell'idea di Verità, diventa legittima anche l'opinione di chi ritenesse Lorenzo Cherubini superiore a Dante Alighieri)..."

"Io aderisco alla moratoria sull'aborto inventata da Ferrara. Non so ancora bene cosa sia di preciso (se lo chiede oggi bene anche Umberto Veronesi, su Repubblica), ma io assumo l'impegno in questo senso: difendendo comunque l'esistenza della legge 194, semmai mi dovesse capitare, in futuro, di avere a che fare con qualcuna che intende abortire, mi impegnerò con tutte le mie forze per dissuaderla. Che sia mia figlia o una fidanzata o una ex moglie o un'amante da una-botta-e-via (le migliori), giuro che non farò gettare il frutto anche confuso di piacere e amore nel contenitore per rifiuti speciali di un ambulatorio."

P.s.: complimenti a chi ha votato alle primarie del partito per cui questo tipo sta scrivendo lo statuto!


Paolo

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22 gennaio 2008

Le pie avventure di Anaclito I

(cliccare per ingrandire)

Prima di diventare papa, il futuro Anaclito I dava già prova dell'ardimento e della tempra che lo hanno finalmente elevato sino al soglio pontificio. Ecco un rarissimo brandello di un nobile fumetto, ormai introvabile e adoratissima reliquia, che narra le gesta della nostra beneamata e riverita guida spirituale (alle sue spalle la leggendaria papa-mobile). Questa pagina dimostra come il prossimo capo della cristianità non si serbava alcun privilegio durante le aspre battaglie di riconquista delle sante terre occupate dallo sporco infedele, ma si esponeva altresì in primissima linea a fulgida guida dei suoi fedeli seguaci, pronti a seguirlo fino al martirio. Forza e impeto che gli valgono ora il nome di Papa "tuono". Lunga vita ad Anaclito I, gaudium magnum et pax aeternam.


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18 gennaio 2008

HOMINES, LAUDATE ET GAUDETE


Cristiani di tutto il mondo unitevi:

Annuntio vobis gaudium magnum;
habemus Papam:
Eminentissimum ac Reverendissimum Dominum,
Dominum Giovanpaolum
Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalem Caraffa Kobra
qui sibi nomen imposuit Anaclito I


Benedizione Apostolica "Urbi et Orbi" (18 gennaio 2007). Da Bologna, per via dell’impostore l’antipapa Benedetto XVI che con la sua marmaglia tiranneggia, ancora per poco, la santissima Roma.

Cari fratelli, ma soprattutto sorelle, dopo l’ultimo grande Papa Pio IX, più di un secolo di nefandezze e debolezza hanno avvinghiato alla cintola la nostra madre, la Santa Romana Chiesa e tanti effimeri usurpatori, poco più che debosciati pretuncoli campestri, hanno insozzato il Soglio che fu dell’Appostolo Pietro. Ma ora i signori cardinali hanno eletto me, un semplice ma durissimo lavoratore nella vigna del Signore, vi prometto che i giorni in cui Innocenzo III governava il mondo civile intero, cioè la Cristianità, con il “Libro in una mano e la Spada nell’altra” presto torneranno. Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare ed agire anche con strumenti insufficienti e soprattutto mi affido alle vostre preghiere. Nella gioia del Signore risorto, fiduciosi nel suo aiuto permanente, andiamo avanti come arieti nel suo pascolo. Il Signore ci aiuterà e Maria sua Santissima Madre starà dalla nostra parte. Grazie figli miei, ma soprattutto figlie mie.

Questo l’annuncio straordinario giunto subitaneo alla nostra redazione, il Segretissimo e Santissimo Conclave Bolognese presieduto dai cardinali del Grande Scisma, ironicamente e stupidamente soprannominati nei mesi scorsi dai media pro-Ratzinger: i Neo-patari dell’Amor Extraconiugale. Il Conclave, riunitosi «a seguito delle ben note vicende di questi giorni in rapporto alla visita» dell’antipapa Joseph Ratzinger «all'Università degli studi La Sapienza», ha all’unanimità dichiarato decaduto, con l’accusa di «sodomia isterica», Benedetto XVI. Quest’ormai debole caricatura de “Il principe degli Apostoli” incapace di schiacciare quattro studentelli bolscevichi iconoclasti o due professorini relativisti demago-catto-comunisti, ha finalmente, con la sua moderazione, smesso di nuocere alle schiere dei fedeli. Dopo rapide consultazioni è stato così eletta Sua Santità Anaclito I, al secolo il cardinale Giovanpaolo Caraffa Kobra, presule eccellentissimo e santo, l’unico che può risollevare le tristi sorti di quel poco che rimane del Santissimo Stato della Chiesa. Il Sacro Collegio era altresì composto dai seguenti pii uomini, tutti in odore di santità:

Gerardus Cedrolae de Agropolis (presiedeva il Conclave);
Achilleus von Kastald episcopus de Neapolis;
Mattheus Geròme de Burgundia ep. Mediolanensis;
Mattheus Bregonzi de Comerius ep. Londinensis;
Vittoris I de Avellinem ep. Maiorensis;
Henricus Biffi Ordinis Minorum generalis;
Paolus de' i Guidi Ordinis Predicaturom Inquisitor Magnus;
Ulricus Cangianus de Quartus abbas Ceppalonensis;
Gaudenzius Luxorio Ferraris ep. Bononiensis;
Laurentium Casaburis de Neapolis ep. Africanus;
Simon Tozzis de Guirate abbas Vultorrensis;
Roccus Sigfredi de Ortona ep. Theatinus;
Eugenius I Parrocchie ep. de Portus Aghios Gheorgus, Patriarchae Constatinopolitani;
Eugenius II diaconus cardinalis de Columbia et Novi Mundi;
Pelagius Palagi Ordinis Sancti Benedicti;
Marius de Garbatella cardinalis presbiteri tit. S. Petri in vincùla.

Per la prima volta nella storia questi pii fratres sono stati accuditi e confortati da alcune sorelle e da un laico, ovviamente tutti in odore di santità:

Beniaminus Merumeni de Helvetia filius Gerardi Cedrolae, probabile Oberst delle Guardie Svizzere Riformate;
Laurentia da Montibelli Ancilla Pontifex Maximo, probabile Gran Camerlenga;
Lodovicas de Lucania abbatissa Ceppalonensis;
Minnis Mannzerbrecher Ordinis Minorum Reformati, ancilla generalis.

Nella notte in cui è stato eletto, l’Unico e Vero Santo Padre invece di darsi a festini orgiastici con imberbi seminaristi, come d’uso nei depravati predecessori, si è raccolto in preghiera nel Romitorio di Ceppaloni dalle Figlie del Sacro Crisma. Qui, confortato dalla soavissima soror Brigitta Ceppa de’ Mugnai, già in odore di santità, e accudito dal chiarissimo pater Ulrico Cangiano episcopus Ceppalonensis, ha già, e ripeto già, portato a compimento la sua prima Enciclica. Esausto per l’ingrato compito ora riposa nelle sue stanze con Lorenza da Montebello che lo veglia, attendiamo trepidanti il suo risveglio. Presto vi daremo in anteprima, solo per Tabard, i punti cardinali (scusate il gioco di parole) dell’Enciclica. Gaudium Magnum et pax aeternam.


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Salvate Kobra dalla lapidazione!

Dal Corriere della Sera, 18 gennaio 2008:

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Gli alchimisti


Perché no, mi permetto di aggiungere una segalazione alla rassegna stanca: un racconto tabardiano, di Mimmo ed Eugenio, Gli alchimisti.

Su terranullius

Eugenio

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17 gennaio 2008

Gli italiani si vergognano della sapienza

* Gli infaticabili ciellini bolognesi hanno dispiegato tutto il loro armamentario in difesa del "difensore della ragione e della libertà". Il giorno dopo la notizia della furbata di Paparatzi, via Zamboni è stata tappezzata (con tanto di distribuzione a mano, ché non sia mai qualcuno non leggesse) di volantini indignati dall'imbarazzante titolo:

"SAPIENZA, UN'ALTRA VERGOGNA PER L'ITALIA"

Ora non starò a commentare una notizia che si commenta da sola e che altri meglio di me hanno già commentato. Io vi chiedo solo: secondo voi l'hanno fatto apposta un titolo così (e ci sarebbe da preoccuparsi) o gli è proprio scappato il lapsus freudiano (e ci sarebbe da preoccuparsi)?

Segnalo anche che, a mia conoscenza, solo Carmilla si è preoccupata di dare voce anche a quei tossici e terroristi degli studenti e docenti dell'ateneo romano.

* Hippolyte Bayard non solo ci distribuisce con generosa frequenza ottime segnalazioni fotografiche, ora ci spiega anche qualcosina di etica dell'immagine.

* Stiamo tanto a tiracela di essere dei colti letterati e poi non sappiamo nulla del grande Federico Smanetti.

* È tanto che non segnalo niente da canemucca e son contento di farlo ora, linkando lo splendido Vemme doppio (in due parti).

Paolo

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Rifiuti campani nelle discariche elvetiche?

È notizia recente: il super commissario De Gennaro sta cercando di venire a patti con il suo nemico storico Lars Maria Parrocchi, antropologo ticinese e noto agitatore politico (il primo scontro fra i due risale ai tempi del G8 di Genova), da qualche tempo a capo di uno dei più organizzati ed efficienti kommandos anti-discarica attivi nella periferia napoletana.

Pare che l’ex capo della polizia abbia chiesto un incontro segreto al Parrocchi, per proporgli di mediare dietro le quinte con le autorità del Canton Ticino (nonostante la sua fama di “ribelle”, Lars Maria gode di incontestabile prestigio accademico, e il suo antico maestro, l’illustre filosofo Lucido Licinio Piò è ora Ministro dell’Università nel governo ticinese).

Quali saranno le mosse del Parrocchi? Dai nostri legami con persone a lui assai vicine, in primis il nostro maestro Benjamino Merumeni, ma anche il nostro redattore Achille Castaldo che ne ha curato importanti scritti come Bovini Contro, apprendiamo che il Parrocchi sarebbe orientato ad accettare, ovviamente ponendo onerose condizioni: innanzitutto il De Gennaro dovrebbe passare sotto le forche caudine di un pubblico riconoscimento del Parrocchi come interlocutore ufficiale nelle trattative per la riapertura della discarica di Pianura. Per ora non si conoscono ulteriori dettagli della trattativa, tranne che lo Stato italiano sarebbe costretto a riconoscere legalmente la nuova sezione campana dei Kommandos Ultrafemministi Helvetici (KUH), che il filosofo ticinese ha da poco fondato riunendo le pesanti e di molto arrabbiatissime casalinghe di Pianura. Che si sono stancate dell’equazione vaiassa = terrorista. «Siamo donne, e combattenti, e spiriti helvetici d’elezione. Siamo stanche di essere considerate terroriste!» dichiara Immacolata, con le lacrime agli occhi ed entrambi i pugni chiusi. (testimonianza tratta dal quotidiano Canton Grigioni Sempre, traduzione dal romancio di A. C.)

A. Scardanelli

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16 gennaio 2008

Megalopolis

«Cos'hanno in comune Los Angeles, Tokio, San Paolo, Karachi, Il Cairo e Shenzhen? Sono megalopoli. Città paradigmi delle diseguaglianze sociali e delle opportunità, della ricchezza estrema e dell'estrema povertà, dell'ingiustizia e del libero arbitrio, dell'illegalità diffusa e della violenta repressione, del lusso di Alphaville e del quartiere dei rifiuti egiziano. Favelas e iper modernità. Bianco accecante e nero assoluto, i grigi e le tonalità completamente assenti. È un viaggio - quasi sempre doloroso e concreto, a volte onirico - che ti porta dentro il ventre delle megalopoli, a contatto soprattutto con le contraddizioni e le sconvolgenti verità che sanno quasi sempre di violenza e indifferenza.»

Questo l'incipit di un articolo di Andrea Guermandi comparso su l'Unità di oggi in cui si presenta una nuova trasmissione di Rai tre, Megalopolis, in onda a partire da questa sera alle 23,50. Si tratta di sei documentari sceneggiati e diretti da Nene Grignaffini e Francesco Conversano. Qui tutte le informazioni sul programma.

Vittorio

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14 gennaio 2008

Rimpianti e progetti



Forse per via delle mie origini campane, con cui spesso mi piace giocare senza temere di varcare la soglia dello stereotipo (o meglio varcandola di proposito e con grande divertimento), mi ritrovo spesso a citare Massimo Troisi.

«Ci dobbiamo dare da fare per avere una gioventù da rimpiangere». Con questa battuta del comico napoletano qualche tempo fa mi sono procurato lo spunto per chiudere un articoletto uscito su Griseldaonline con il titolo, per l'appunto, di Gioventù da rimpiangere.

La battuta è tratta dal poco noto trailer del film Che ora è? di Ettore Scola (che dopo un infame lavoro informatico - per mia incapacità demandato al gentilissimo Paolo D.G. - ho pensato di rendere fruibile a chi dovesse incappare in queste pagine, che almeno ci si rende un po' utili via).

Andare a riprendere questo articolo dopo tanto tempo è un'esigenza dettata da una discussione appena abbozzata in passato con un amico e che mi piacerebbe approfondire adesso. Nel finale di quel pezzo affermavo (cito testualmente) che: «In questa battuta [di Troisi] mi sembra di vedere sintetizzata la necessità di portare le nostre vite a fare storia, ma non nel senso romantico di renderle memorabili, quanto piuttosto in quello molto più concreto ed umano di trovare loro una dimensione soddisfacente».

Riflettendoci, obiettivamente in questa affermazione sembra esserci un certo grado di progettualità, nonché di rispondenza a dinamiche che caratterizzano fortemente la generazione precedente la nostra (quella dei padri intendo). Vale a dire costruire per rimpiangere, animati da uno spirito narcisistico e sostanzialmente conservatore, come nell'estetica dell'anelito al "tempo che fu" (non è proprio tutto un caso che questo pezzo sia stato riciclato anche nell'ultimo numero di Tabard sul declino).

Ma questa non è l'ottica con cui quella battuta sarebbe stata detta dall'autore Troisi. E quindi sì, c'è effettivamente una mia forzatura rispetto alla leggerezza "tragica" e ironica di Troisi. Sta di fatto che per me quella battuta però non esprime tanto l'idea del progetto quanto quella della ricerca. Che è innanzitutto la ricerca di uno spazio proprio, magari per disorientamento preceduta dalla ricerca dei/sui personaggi che quello spazio lo popolano (come nel piano sequenza finale di Pensavo fosse amore invece era un calesse, quando con un memorabile carrello in soggettiva Cecilia [Francesca Neri] raggiunge Tommaso [Massimo Troisi] - che l'ha abbandonata all'altare - e nello scrutare lo spazio del bar in cui si svolge la scena lo trova pieno di coppie. Quello stesso spazio, quando l'inquadratura si rivela una falsa soggettiva - ovvero un occhio esterno e distaccato, che nulla proietta - appare poi vuoto, popolato solo dai due protagonisti seduti al tavolino a parlare con solo le loro voci che infine si arrovellano sui titoli di coda).

E quindi: è chiaro che si cerca con un obiettivo. E, facendo delle proiezioni (ci caschiamo tutti), è altrettanto palese che l'idea di godersi quell'obiettivo è un po' un progetto, un'aspettativa. Ma in Troisi l'obiettivo risulta in conflitto con il principio stesso della ricerca, che è fatta di approcci confusionali e distanti e che non ambisce a una forma definitiva e suadente (di cui è priva anche la voce di Troisi). Ciò non ostante non s'intende rinunciare alla possibilità di andare incontro a un tramonto (immagini chapliniane nella mente) che è già uno spazio. Questo spazio non definitivo può rappresentare la "dimensione soddisfacente" di cui parlavo. Nella a-progettualità di Troisi, in quella battuta che è un rifiuto ironico di un modello, io ci ho letto però la possibilità quasi di una prassi, ma in senso più proprio di un invito, o di una provocazione. Mi piacerebbe continuare quella discussione, con in più il contributo di chi ne dovesse aver voglia.

Vittorio Martone


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11 gennaio 2008

Anticipazione: Tabard intervista Franco Buffoni

Una consistente parte del prossimo numero (in uscita, si spera, a fine febbraio) verterà sul tema: traduzione come operazione di "secondo grado".
Poco prima delle meritatissime vacanze natalizie, in quel di Firenze, abbiamo avuto il piacere di intervistare Franco Buffoni, poeta, traduttore e "traduttologo".
Nel ringraziarlo per la cortesia con cui ci ha accolto e ha dialogato con noi, gli dobbiamo un ringraziamento ulteriore per la pubblicazione dell'intervista sul suo sito.

Potete leggerla qui.


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08 gennaio 2008

Una poesia di Sereni


Altro posto di lavoro

Non vorrai dirmi che tu
sei tu o che io sono io.
Siamo passati come passano gli anni.
Altro di noi non c’è qui che lo specimen
Anzi l’imago perpetuantesi
A vuoto -
E acque ci contemplano e vetrate,
ci pensano al futuro: capofitti nel poi,
postille sempre più fioche
multipli vaghi di noi quali saremo stati.


È vano sforzarsi di intuire nella memoria. Nella memoria non si dà intuizione della cosa. In Sereni è attraverso la gioia che si arriva all’intuizione della realtà, alla conoscenza dell’oggetto dell’amore, che però può darsi solo nel rovescio della realtà, nel suo negarsi alla memoria, che tenta di riportare la realtà in presenza.

La memoria dunque impedisce la realizzazione della gioia, impedisce di intuire la vita, cancella il passato, lo consegna definitivamente alla morte. Ma allora è proprio essa, in questo suo negare l’intuizione immediata, a renderla possibile nell’atto della perdita (mediata cioè dalla perdita). La memoria si trova così ad essere l’origine e la negazione della possibilità del rapporto con l’altro – il che vuol dire impossibilità di intuire, di congiungersi con la vita (nella sua più alta figurazione con la Storia – mancata guerra partigiana). Eppure solo in questa negazione, egli può di nuovo esperire il rapporto con l’altro, nel negarsi stesso del rapporto. È una sorta di circolo ermeneutico invertito.

Ma il nulla che compare nel ricordo, straripa anche nella realtà (le toppe solari). La memoria non è che un divenire cosciente del rapporto immediato del soggetto con il mondo. Una volta fatta l’esperienza del nulla del ricordo, quello stesso nulla invade il rapporto con il mondo anche al presente e al futuro (ecco il senso della poesia riportata sopra).
Così compaiono queste falle di nulla in mezzo all’apparenza del reale. Sì, le toppe solari, ma più ancora il segno sul gradino in posto di lavoro (di cui altro posto di lavoro può essere intesa come logica conseguenza), ed ogni tipo di fissità che di tanto in tanto irrompe nell’apertura del mondo.

E ovviamente, perduta la consistenza del reale, il nulla si rivolge, da ultimo, anche al soggetto, allo “scriba” che inizia ad assumere tratti spettrali. In questa direzione va la raccolta Stella variabile: il male il nero il nulla: l’evanescenza, la sparizione di ogni possibilità intuitiva segnerà l’ultimo atto di un dramma la cui tragicità consiste nell’inghiottire progressivamente nel buio i propri “personaggi”: la Storia, la memoria, il mondo, l’io.

Achille


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07 gennaio 2008

Antipasto di "secondo grado"

In attesa dell'uscita del nuovo numero, pubblico qui l'articolo che non ho consegnato in tempo al nostro amatissimo grafico.

Mimmo


Una vigile incertezza: il secondo grado della critica

Poco più di quarant’anni fa Jean Starobinski, cercando di definire la sua idea di «relazione critica», ebbe a scrivere:

«Se sono adeguati, l’oggetto da interpretare e il discorso interpretante, si legano per non lasciarsi più. Formano un essere nuovo composto da una doppia sostanza. […] Il paradosso apparente è che, nel ricevere conferma della sua esistenza indipendente, l’oggetto debitamente interpretato fa ormai parte anche del nostro discorso interpretativo, diviene uno degli strumenti grazie ai quali potremo cercare di comprendere a un tempo altri oggetti e la nostra relazione con essi.» (Starobinski, 1966, p. 513)

Nel suo entrare in contatto con il lavoro del critico l’opera, quale che sia, pare rivestirsi di un’antinomia: perde il suo connotato di opera (di oggetto da interpretare) per diventare a sua volta strumento di interpretazione. È dunque nell’atto ricettivo-interpretativo che il prodotto artistico smette di essere forma, smette di essere sistema chiuso, per farsi veicolo di una doppia apertura, di una doppia contaminazione: la critica fa l’opera aperta, l’opera apre il sistema interpretativo del critico.

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05 gennaio 2008

Notizie dall'altro mondo

[Riporto l'articolo di Saviano comparso oggi su Repubblica. Perché qui tutto è assurdo.]

J'accuse dell'autore di Gomorra: la tragedia
è che Napoli si sta rassegnando all'avvelenamento


Imprese, politici e camorra
ecco i colpevoli della peste


Gli ultimi dati dell'Oms parlano di un aumento vertiginoso, oltre
la media nazionale, dei casi di tumore a pancreas e polmoni


di ROBERTO SAVIANO

È UN territorio che non esce dalla notte. E che non troverà soluzione. Quello che sta accadendo è grave, perché divengono straordinari i diritti più semplici: avere una strada accessibile, respirare aria non marcia, vivere con speranze di vita nella media di un paese europeo. Vivere senza dovere avere l'ossessione di emigrare o di arruolarsi.

È una notte cupa quella che cala su queste terre, perché morire divorati dal cancro diviene qualcosa che somiglia ad un destino condiviso e inevitabile come il nascere e il morire, perché chi amministra continua a parlare di cultura e democrazia elettorale, comete più vane delle discussioni bizantine e chi è all'opposizione sembra divorato dal terrore di non partecipare agli affari piuttosto che interessato a modificarne i meccanismi.

Si muore di una peste silenziosa che ti nasce in corpo dove vivi e ti porta a finire nei reparti oncologici di mezza Italia. Gli ultimi dati pubblicati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità mostrano che la situazione campana è incredibile, parlano di un aumento vertiginoso delle patologie di cancro. Pancreas, polmoni, dotti biliari più del 12% rispetto alla media nazionale. La rivista medica The Lancet Oncology già nel settembre 2004 parlava di un aumento del 24% dei tumori al fegato nei territori delle discariche e le donne sono le più colpite. Val la pena ricordare che il dato nelle zone più a rischio del nord Italia è un aumento del 14%.

Ma forse queste vicende avvengono in un altro paese. Perché chi governa e chi è all'opposizione, chi racconta e chi discute, vive in un altro paese. Perché se vivessero nello stesso paese sarebbe impensabile accorgersi di tutto questo solo quando le strade sono colme di rifiuti. Forse accadeva in un altro paese che il presidente della Commissione Affari Generali della Regione Campania fosse proprietario di un'impresa - l'Ecocampania - che raccoglieva rifiuti in ogni angolo della regione e oltre, e non avesse il certificato antimafia.

Eppure non avviene in un altro paese che i rifiuti sono un enorme business. Ci guadagnano tutti: è una risorsa per le imprese, per la politica, per i clan, una risorsa pagata maciullando i corpi e avvelenando le terre. Guadagnano le imprese di raccolta: oggi le imprese di raccolta rifiuti campane sono tra le migliori in Italia e addirittura capaci di entrare in relazione con i più importanti gruppi di raccolta rifiuti del mondo. Le imprese di rifiuti napoletane infatti sono le uniche italiane a far parte della EMAS francese, un Sistema di Gestione Ambientale, con lo scopo di prevenire e ridurre gli impatti ambientali legati alle attività che si esercitano sul territorio.

Se si va in Liguria o in Piemonte numerosissime attività che vengono gestite da società campane operano secondo tutti i criteri normativi e nel miglior modo possibile. A nord si pulisce, si raccoglie, si è in equilibrio con l'ambiente, a sud si sotterra, si lercia, si brucia. Guadagna la politica perché come dimostra l'inchiesta dei Pm Milita e Cantone, dell'antimafia di Napoli sui fratelli Orsi (imprenditori passati dal centrodestra al centrosinistra) in questo momento il meccanismo criminogeno attraverso cui si fondono tre poteri - politico imprenditoriale e camorristico - è il sistema dei consorzi.

Il Consorzio privato-pubblico rappresenta il sistema ideale per aggirare tutti i meccanismi di controllo. Nella pratica è servito a creare situazioni di monopolio sulla scelta di imprenditori spesso vicini alla camorra. Gli imprenditori hanno ritenuto che la società pubblica avesse diritto a fare la raccolta rifiuti in tutti i comuni della realtà consorziale, di diritto. Questo ha avuto come effetto pratico di avere situazioni di monopolio e di guadagno enorme che in passato non esistevano.

Nel caso dell'inchiesta di Milite e Cantone accadde che il Consorzio acquistò per una cifra enorme e gonfiata (circa nove milioni di euro) attraverso fatturazioni false la società di raccolta ECO4. I privati tennero per sé gli utili e scaricarono sul Consorzio le perdite. La politica ha tratto dal sistema dei consorzi 13.000 voti e 9 milioni di euro all'anno, mentre il fatturato dei clan è stato di 6 miliardi di euro in due anni.

Ma guadagnano cifre immense anche i proprietari delle discariche come dimostra il caso di Cipriano Chianese, un avvocato imprenditore di un paesino, Parete, il suo feudo. Aveva gestito per anni la Setri, società specializzata nel trasporto di rifiuti speciali dall'estero: da ogni parte d'Europa trasferiva rifiuti a Giugliano-Villaricca, trasporti irregolari senza aver mai avuto l'autorizzazione dalla Regione. Aveva però l'unica autorizzazione necessaria, quella della camorra.
Accusato dai pm antimafia Raffaele Marino, Alessandro Milita e Giuseppe Narducci di concorso esterno in associazione camorristica ed estorsione aggravata e continuata, è l'unico destinatario della misura cautelare firmata dal gip di Napoli. Al centro dell'inchiesta la gestione delle cave X e Z, discariche abusive di località Scafarea, a Giugliano, di proprietà della Resit ed acquisite dal Commissariato di governo durante l'emergenza rifiuti del 2003. Chianese - secondo le accuse - è uno di quegli imprenditori in grado di sfruttare l'emergenza e quindi riuscì con l'attività di smaltimento della sua Resit a fatturare al Commissariato straordinario un importo di oltre 35 milioni di euro, per il solo periodo compreso tra il 2001 e il 2003.

Gli impianti utilizzati da Chianese avrebbero dovuto essere chiusi e bonificati. Invece sono divenute miniere in tempo di emergenza. Grazie all'amicizia con alcuni esponenti del clan dei Casalesi, hanno raccontato i collaboratori di giustizia, Chianese aveva acquistato a prezzi stracciati terreni e fabbricati di valore, aveva ottenuto l'appoggio elettorale nelle politiche del 1994 (candidato nelle liste di Forza Italia, non fu eletto) e il nulla osta allo smaltimento dei rifiuti sul territorio del clan.

La Procura ha posto sotto sequestro preventivo i beni riconducibili all'avvocato-imprenditore di Parete: complessi turistici e discoteche a Formia e Gaeta oltre che di numerosi appartamenti tra Napoli e Caserta. L'emergenza di allora, la città colma di rifiuti, i cassonetti traboccanti, le proteste, i politici sotto elezione hanno trovato nella Resit con sede in località Tre Ponti, al confine tra Parete e Giugliano, la loro soluzione.

Sullo smaltimento dei rifiuti in Campania ci guadagnano le imprese del nord-est. Come ha dimostrato l'operazione Houdini del 2004, il costo di mercato per smaltire correttamente i rifiuti tossici imponeva prezzi che andavano dai 21 centesimi a 62 centesimi al chilo. I clan fornivano lo stesso servizio a 9 o 10 centesimi al chilo. I clan di camorra sono riusciti a garantire che 800 tonnellate di terre contaminate da idrocarburi, proprietà di un'azienda chimica, fossero trattate al prezzo di 25 centesimi al chilo, trasporto compreso. Un risparmio dell'80% sui prezzi ordinari.

Se i rifiuti illegali gestiti dai clan fossero accorpati diverrebbero una montagna di 14.600 metri con una base di tre ettari, sarebbe la più grande montagna esistente ma sulla terra. Persino alla Moby Prince, il traghetto che prese fuoco e che nessuno voleva smaltire, i clan non hanno detto di no.

Secondo Legambiente è stata smaltita nelle discariche del casertano, sezionata e lasciata marcire in campagne e discariche. In questo paese bisognerebbe far conoscere Biùtiful cauntri (scritto alla napoletana) un documentario di Esmeralda Calabria, Andrea D'Ambrosio e Peppe Ruggiero: vedere il veleno che da ogni angolo d'Italia è stato intombato a sud massacrando pecore e bufale e facendo uscire puzza di acido dal cuore delle pesche e delle mele annurche. Ma forse è in un altro paese che si conoscono i volti di chi ha avvelenato questa terra.

È in un altro paese che i nomi dei responsabili si conoscono eppure ciò non basta a renderli colpevoli. È in un altro paese che la maggiore forza economica è il crimine organizzato eppure l'ossessione dell'informazione resta la politica che riempie il dibattito quotidiano di intenzioni polemiche, mentre i clan che distruggono e costruiscono il paese lo fanno senza che ci sia un reale contrasto da parte dell'informazione, troppo episodica, troppo distratta sui meccanismi. Non è affatto la camorra ad aver innescato quest'emergenza. La camorra non ha piacere in creare emergenze, la camorra non ne ha bisogno, i suoi interessi e guadagni sui rifiuti come su tutto il resto li fa sempre, li fa comunque, col sole e con la pioggia, con l'emergenza e con l'apparente normalità, quando segue meglio i propri interessi e nessuno si interessa del suo territorio, quando il resto del paese gli affida i propri veleni per un costo imbattibile e crede di potersene lavare le mani e dormire sonni tranquilli.

Quando si getta qualcosa nell'immondizia, lì nel secchio sotto il lavandino in cucina, o si chiude il sacchetto nero bisogna pensare che non si trasformerà in concime, in compost, in materia fetosa che ingozzerà topi e gabbiani ma si trasformerà direttamente in azioni societarie, capitali, squadre di calcio, palazzi, flussi finanziari, imprese, voti. E dall'emergenza non si vuole e non si po' uscire perché è uno dei momenti in cui si guadagna di più.

L'emergenza non è mai creata direttamente dai clan, ma il problema è che la politica degli ultimi anni non è riuscita a chiudere il ciclo dei rifiuti. Le discariche si esauriscono. Si è finto di non capire che fino a quando sarebbe finito tutto in discarica non si poteva non arrivare ad una situazione di saturazione. In discarica dovrebbe andare pochissimo, invece quando tutto viene smaltito lì, la discarica si intasa.

Ciò che rende tragico tutto questo è che non sono questi i giorni ad essere compromessi, non sono solo le strade che oggi sono colpite delle "sacchette" di spazzatura a subire danno. Sono le nuove generazioni ad essere danneggiate. Il futuro stesso è compromesso. Chi nasce neanche potrà più tentare di cambiare quello che chi li ha preceduti non è riuscito a fermare e a mutare. L'80 per cento delle malformazioni fetali in più rispetto alla media nazionale avvengono in queste terre martoriate.

Varrebbe la pena ricordare la lezione di Beowulf, l'eroe epico che strappa le braccia all'Orco che appestava la Danimarca: "Il nemico più scaltro non è colui che ti porta via tutto, ma colui che lentamente ti abitua a non avere più nulla". Proprio così, abituarsi a non avere il diritto di vivere nella propria terra, di capire quello che sta accadendo, di decidere di se stessi. Abituarsi a non avere più nulla.


(5 gennaio 2008)

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02 gennaio 2008

2008 relativista

Visto che ci professiamo relativisti, postmoderni e secondogradisti (o secondogradienti?), citiamo una citazione dell'ormai indispensabile Ronson da Kai Zen che ci ricorda come anche le date siano ben relative:



Per l'Islam siamo nel 1428.
Per il calendario Kaliyuga siamo nel 6009.
2552 del calendario Buddha Nirvana;
2065 di quello Vikram Samvat;
1930 del Saka.
Il calendario Bengali San dice 1415;
Quello Kollam 1184.
Gli ebrei festeggiano il 5767
e i cinesi, be' per i cinesi non si sa con esattezza, bisognerebbe calcolare gli anni in base alla luna e alle dinastie imperiali...

Paolo

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