23 aprile 2010

La grassa fenice




Bologna, Roma, Milano, Trento, Cambridge (UK), Cambridge (USA), Città del Messico, Toronto, Pechino, Reykjavik, Lugano, Saigon.

Ecco alcune delle località dove potrete trovare tabardiani dispersi (il solito esagerato vi si è recato addirittura a piedi, per espiare i peccati di tutti gli altri).

La diaspora è cominciata, Tabard ha chiuso i battenti. Ma di che morte è morta/o Tabard? Certamente non di questa morte:

…questa morte materiale, temporale, normale e non irregolare, essenziale per così dire e non accidentale, regolare e non anormale, fisiologica e non meccanica, questa morte usuale dell’essere, questa morte solita è raggiunta quando l'essere materiale è colmo delle sue abitudini, pieno della sua memoria, colmo dell'indurimento delle sue abitudini e della sua memoria, quando tutto l'essere materiale è occupato dall'abitudine, dalla memoria, dall'indurimento, quando tutta la materia dell'essere è in mano all'abitudine, alla memoria, all'indurimento, quando non resta nemmeno più un atomo di materia per quella novità che è al vita.
(dalle Note sur Descartes di Benjamino Merumeni).

Quella morte lì non ci riguarda. Anzi (e poi chissà che la grassa fenice un giorno non si risvegli).

In ogni caso, i vecchi numeri continueranno ad essere on line e scaricabili, e per chi volesse scriverci, una cellula della redazione continua ad essere attiva presso la sede di Dornach (grazie ai finanziamenti del Canton Soletta), laddove il Merumeni ancora risiede e prospera sulle ceneri del Goetheanum.
L’indirizzo è questo:
redazione [punto] tabard [chiocciola] gmail [punto] com

ed ora, ecco un po’ d'indirizzi dove potete trovare quello che resta di noi, o spunti che ci riguardano in qualche modo:

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19 ottobre 2009

Sportivo, gastronomico, sentimentale.


Per AURO BULBARELLI (sabato, al Giro di Lombardia, la sua ultima telecronaca)


Vi sono uomini che segnano un’epoca, altri cucinano.
Beniamino Merumeni

Se non ricordo male tutto cominciò sulla Fininvest. Avevo 12 anni, la scuola andava a finire in un Maggio assolato e, a casa di Angelo, guardavo il mio primo Giro d’Italia. Era l’anno di Evgenij Berzin (discreto corridore dal fisico minuto), l’Italia era ancora, ai box di partenza, Bugno-Chiappucci, ma le cose stavano per cambiare (Pantani, già stempiato a 24 anni, sarebbe arrivato secondo).
Ma la voce, la voce Auro, non era la tua. C’era il tono metallico e stentoreo di Davide De Zan, ci avrebbe accompagnato fino al 1997, quando la Rai riacquistò i diritti del Giro e suo padre, Adriano De Zan, riprese la sua storica posizione, giusto in tempo per raccontare un Tour leggendario.
Auro, ricordi ancora? Come c’entravate in due, mi chiedo, su quella moto che seguiva i “girini”? E quante iatture deve aver tirato il motociclista vedendosi arrivare alla partenza un commentatore che sembrava Galeazzi magro? Tu puoi non crederci, ma io me la ricordo la tua voce sottile e pastosa a Selva di Val Gardena, quando Guerini e Pantani mollarono il gruppo e se ne andarono da soli, oltre i duemila metri, dove spariscono anche gli alberi.
Auro, lo sappiamo in pochi perchè hai fatto il telecronista sportivo (e non, come dicono i maligni, per poter provare ogni trattoria fra l’Andalusia e la Bretagna), permettimi di raccontarlo: avevi 16 anni (erano i mesi di Chernobyl), partecipavi a “Doppio Slalom”, improbabile gioco a quiz su Canale 5 condotto da Corrado Tedeschi, come consuetudine il conduttore chiese ai due giovani partecipanti quale lavoro avrebbero voluto fare da grandi, e tu, con quel fisico, perdonami, da linguista (da glottologo anzi), con gli occhiali spessi, la camicia a quadrettoni e la peluria da adolescente sul labbro, dicesti con tutta l’innocenza del mondo (la stessa, ahimé, che negli anni ti porterà a non voler vedere troppi orrori di questo ciclismo tanto amato): «non lo so, non ne ho idea». Tedeschi rise. Povero stolto, non aveva capito niente, e il tuo “avversario” (più stolto ancora) dalla mascella quadrata e dal fisico asciutto, che sorrideva già pregustando la facile vittoria, disse: «mi piacerebbe fare il telecronista sportivo». Sì, Auro: il delitto perfetto!
Ti ritrovai nel 2000 al Tour, finalmente prima voce, era come l’inizio di quegli amori che pensi non finiranno mai, Pantani ce la metteva tutta per mettere in crisi Armstrong: lo scatto a Courchevel, l’arrivo in solitaria e poi il Mt.Ventoux, quei due tifosi pazzi (uno in giallo e uno in rosa), evidentemente in sovrappeso, che superano le transenne e, in bici, vanno a vincere la tappa davanti ai due campioni, e tu: «no, questi due non c’entrano niente». Avevi ragione, come sempre.
Ma era il nuovo modo di fare la telecronaca che mi faceva impazzire, nei lunghi tratti “morti” della gara tu ci raccontavi la “tua” Francia, non so quante volte ho sentito «oggi ci troviamo nella regione della lingua d’Oc» (e magari si era in Normandia), e le note storiche, i vecchi castelli e le antiche dimore che si trasfiguravano, nella tua narrazione, in luoghi mitici, “assolutamente da visitare”, i personaggi che avevano fatto la storia di minuscoli paesini (l’inventore del tappo di sughero per vini, l’aviatore che aveva attraversato i Pirenei... a piedi, le imprese dei ciclisti di altri tempi che si staccavano dal gruppo per andare a rubare le mele in qualche frutteto limitrofo). E i ristoranti, Auro, i ristoranti. Nel 2004, mentre Thomas Voeckler dava ai francesi assurde speranze, sconsigliati in Eurovisione un ristorante di Tolouse: «ci avevano detto che c’era un’ottima anatra all’arancia. Non è vero niente: era pessima e i prezzi erano altissimi». A volte vi ho immaginato un po’ alticci (tu e Cassani, il tuo inseparabile compagno d’avventure), combattere i postumi del giorno dopo con un panino al Lampredotto.
Devo darti atto che, a differenza di Cassani, tu non hai mai rovinato la vita a nessuno, ti ricordi vero? In uno di quei famigerati after day, Rasmussen (detto “il pollo”) era solidamente in maglia gialla, e Cassani: «questo è un grande corridore, mentre facevo la ricognizione per il Giro l’ho trovato ad allenarsi da solo sulle Dolomiti», apriti cielo! Rasmussen aveva detto che era in Messico per sfuggire ai controlli antidoping. La notizia gira veloce, “il pollo” viene squalificato ed espulso dalla Federazione, perde milioni di euro di contratti, la moglie lo lascia e ora, come dicono gli amici di NonCiclopedia, è appostato sul Mortirolo con una mazza in attesa che Cassani ripassi da lì.
Auro, in Italia davi il meglio, lo so. Mi ricordo venti minuti di dissertazione sugli scavi di Pompei (e sui ristoranti di pesce della zona), una volta, il Giro passava per Torre Annunziata, e tu (quanto ti volli bene): «paese natale di Tullio De Mauro, il più grande conoscitore della lingua italiana». Si scherza, Auro, ma non sempre, al Nord ci raccontavi degli eccidi di civili compiuti dai nazisti, della resistenza partigiana, una volta, si passava per un paese del Cesenate dove una fabbrica stava chiudendo, come lasciarsi sfuggire l’occasione: «il nostro saluto va ai lavoratori in lotta!», ed alla via così.
Sei forse l’unico nel mondo del ciclismo, dove anche il corridore più sconosciuto ha un soprannome, a non essere mai riuscito ad inventarne uno durevole, ricordo un improbabile “lo scoiattolo” per Emanuele Sella. Già, Sella, il doping e tutto il resto, quanto ci restavi male, e non ho mai capito, quando il giorno dopo tutto tornava ad un’assurda normalità, se ti avessero detto di tacere o se l’amore per questo sport fosse talmente grande da provocarti amnesie. Ma devo dire che il coraggio non ti è mai mancato, come quando, in una tappa sullo Stelvio, leggesti senza remore una frase scritta a terra con il gesso: “La mamma di Bulbarelli è Platinette”.
Amnesie su Pantani non ne hai mai avute, hai aspettato con l’ansia di un innamorato deluso che ne nascesse un altro, «sembra di vedere Marco» non l’hai detto spesso, ma comunque non è andata bene: il primo fu Damiano Cunego, sempre il 2004, che si è poi rivelato un gran lavoratore, educato e infaticabile, uno dei pochi estranei a qualsiasi sospetto di doping, ma non quel campionissimo che si sperava, il secondo, più doloroso, fu Riccardo Riccò, talento purissimo, spaccone e vanaglorioso, miseramente caduto alla sbarra dei “controlli”, sembrano quasi due diverse Italie, Auro. Ma in fin dei conti ti piacevano i gregari, quei corridori solidi e costanti, quelli della filastrocca di Gianni Rodari:

« Filastrocca del gregario
corridore proletario,
che ai campioni di mestiere
deve far da cameriere,
e sul piatto, senza gloria,
serve loro la vittoria. »

Voigt, Hincapie, Moncoutie... i grandi delusi, i taciturni, gli Hamilton che corrono un intero Tour con la clavicola rotta (sul suo “doping” non ti ho mai sentito dire nulla, doveva fare davvero male).
Quest’anno, non sapevo sarebbe stato il tuo ultimo Giro d’Italia, a un chilometro alla fine della cronometro decisiva hai rotto la tua famigerata prudenza e, mentre le telecamere inquadravano Menchov, hai detto: «Ormai il giro è suo» e lui naturalmente è caduto dopo 30 metri, immediatamente hai cominciato a parlare degli affreschi medievali che ornano la rocca di Prato.
Ora sei dirigente, tanti tanti auguri, ma mi mancherai tantissimo, potrai finalmente mangiare girelle senza dover attendere la pubblicità. Immagino che farai ancora la telecronaca per qualche amico (contattami, ti scriverò io le note storico-letterarie, non potrei desiderare un lavoro migliore), e poi, Auro, ormai il russo Berzin, corridore dal fisico minuto, pesa più di te, i sospetti sui ciclisti sono sempre di più, depressioni, suicidi, morti sospette si ripetono con cadenza regolare, Bettini si è ritirato, dei lavoratori in lotta non parla più neanche il Tg1, la Resistenza è apertamente dileggiata, il Lampredotto provoca infarti, il vino rosso la cirrosi, Corrado Tedeschi è scomparso dai teleschermi e i gregari, beh, lasciamo perdere.

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02 ottobre 2009

Ho visto il nulla. Considerazioni sul calcolo integrale e la fisica quantistica.


Presso un libraio del ghetto di Trieste, casualmente siamo venuti in possesso di alcuni manoscritti di Beniamino Merumeni.
Durante una sua visita al ricovero steineriano a Dornach nel canton ticino, le sue riflessioni lo portarono ad avvicinarsi al calcolo integrale ed alla meccanica quantistica. In una cartellina titolata "Ho visto il nulla. Considerazioni sul calcolo integrale e la fisica quantistica" sono raccolti alcuni articoli scientifici di pregevole fattura. Riportiamo di seg‭uito la traduzione del sommario e l'introduzione dell'articolo "Poli dell'integrale tritroncato e oscillatori anarmonici" (invieremo l'articolo completo via email a chiunque ne faccia richiesta).



Sommario:
I poli delle soluzioni della prima equazione di Durruti sono intimamente legati alla teoria delll'oscillatore cubico. In particolare i poli dell'integrale tritroncato sono in corrispondenza biunivoca con gli oscillatori cubici che ammettono la soluzione contemporanea di due condizioni di quantizzazione. Analizziamo questa coppia di condizioni di quantizzazione sviluppando il metodo semiclassico complesso.


"Poli dell'integrale tritroncato e oscillatori anarmonici"

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22 settembre 2009

PDF (Post Da Funerale)


Era morbidissimo: provatelo un'ultima volta.

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19 settembre 2009

Riviste letterarie vs Paese reale - a Firenze, sabato 26 settembre 2009, Foyer del Teatro della Pergola


Incontro-raduno di riviste e fanzine – a cura di Enrico Piscitelli, all’interno di ULTRA, festival della letteratura, in effetti.



Dalle ore 11:30:

[Foyer del Teatro della Pergola]

Minifiera

Espongono/illustrano/vendono/definiscono:

Argo, Colla, Collettivomensa, ernest, finzioni, FoLLeLFo, Il primo amore, inutile. opuscolo letterario, Tabard

Dalle ore 12:00 alle ore 13:30: [Foyer]

letture, video, performance a cura delle riviste presenti.

[Cristina Battaglini, Rino Cavasino, Massimiliano Chiamenti, Ilaria Giannini, Giulia Ottaviano, Daniele Pasquini etc. ]

Dalle ore 15:00 alle ore 16:00:

[Saloncino del Teatro della Pergola]

Incontro: Riviste letterarie vs Paese reale

Nel silenzio assordante del Paese reale, manipoli di giovani e meno giovani dànno vita a progetti culturali: riviste cartacee, e-zine (magazine on-line, che hanno preso il posto delle vecchie fanzine ciclostilate), blog collettivi e collettivi di scrittura. Il tutto col sapore del samizdat sovietico, con la differenza sostanziale che, mentre in Unione Sovietica la diffusione delle idee culturali doveva essere – per forza di cose – clandestina, l’Italia degli Anni zero si limita – semplicemente – a ignorare tutto ciò che non passa per i media tradizionali. Quale volontà spinge a fondare una rivista on-line, o a investire soldi reali per stamparne una cartacea? Perché qualcuno, nell’Italia degli Anni zero, decide ancora di spendere il proprio tempo per offrire delle proposte culturali?

Intervengono e presentano i loro progetti:

Achille Castaldo – Tabard, Valerio Cuccaroni, Giulia Ferrandi, Lorenzo Franceschini – Argo, Sergio Nelli – Il primo amore, Alessandro Romeo e Matteo Scandolin – inutile. opuscolo letterario, Marco Gigliotti, Stefano Peloso, Francesco Sparacino – Colla, Carlo Zuffa – finzioni.


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18 settembre 2009

Tabard celebra i suoi funerali a Ultra, festival della letteratura, in effetti


Sì, Tabard is dead. La notizia, ormai ovvia dato il lungo silenzio, è davvero una piccola tragedia relativista.
Però la dispersione lo farà rinascere da qualche altra parte e in una nuova forma. O forse no.
Del resto, anche in questo, continuiamo ad avere un buon maestro, il quale, con la consueta ironia (?), soleva dire: «la classe rivoluzionaria dev’essere pronta alla sostituzione piu rapida ed inattesa di una forma con l’altra».
Da mercoledì 23 a sabato 26 settembre si svolgerà a Firenze Ultra, festival della letteratura, in effetti.
Sarà in questa sede che Tabard celebrerà catarticamente l'ultimo atto della sua militanza relativista.
Qui (sabato 26), insieme ad altre riviste, contro il Paese reale.

Però, aspettatevi sorprese... nelle prossime ore

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01 luglio 2009

"Sopire, troncare ... troncare, sopire"


Questo è l'inizio del post e questo è il resto

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