21 gennaio 2007

Spuntini dopo il funerale

Riporto un post da Lipperatura che riporta a sua volta un intervento di Francesco Longo su Sanguineti che mi è sembrato molto interessante. Se qualche volenteroso se la sente oltre che commentare qui si potrebbe farlo anche su Lipperatura (dove tra l'altro si saluta la nascita di PoeGATOR, un aggregatore italiano di siti di poesia), così, tanto per farsi sentire. Mah.
Eccovi il pezzo:

L’intervento di Sanguineti che proponeva di restaurare “l’odio di classe” non mi ha stupito. Ho incontrato le idee di Sanguineti all’università, e come tutti, credo che i suoi saggi su Pascoli, su Gozzano o sul liberty siano imprescindibili per chi studia il Novecento. È affascinante il suo atteggiamento radicale, la sua tensione politica, la sua avversione verso i compromessi, e il fatto che sia simpatico: un vecchietto ruvido ma pieno di humor. Tuttavia, negli anni, mi sono convinto che egli odiasse la letteratura, così quando l’ho sentito parlare di odio di classe mi è dispiaciuto, ma un po’ me lo aspettavo. Uno che ha ribadito infinite volte che il romanzo è borghese e che bisognava far fuori il romanzo, prima o può finire per dire quelle cose.

Se guardo allo stato attuale della letteratura italiana, penso che le idee di Sanguineti siano state più che profetiche, responsabili dello stato attuale del romanzo italiano. In Italia la forma romanzo è stata mortificata da attacchi precisi della neo-avanguardia che hanno impedito un laboratorio di alto livello. Chi poteva far crescere il romanzo lo ha abbandonato, considerandolo un binario morto, e volgendo lo sguardo altrove. E se oggi il romanzo è affidato a Giorgio Faletti, o a Susanna Tamaro, o ai giallisti è colpa anche di Edoardo Sanguineti. Cercherò di spiegare il perché.

Nell’idea di avanguardia di Sanguineti l’unica forma possibile di narrativa non era il romanzo bensì l’anti-romanzo. Il romanzo era una forma borghese che andava fatta esplodere perché si trasformasse la società ingiusta che gli stava intorno. La letteratura cioè era considerata non un fine, ma il mezzo, lo strumento per un cambiamento politico che riguardava ciò che le era esterno. I veri intellettuali, quelli impegnati, dovevano sovvertire il linguaggio e le strutture romanzesche. Chi non lo faceva, era uno scrittore per femminucce. Non è un caso che una delle polemiche di Sanguineti più note sia stata proprio quella con Giorgio Bassani che era uno dei pochi che sapeva cosa fosse la letteratura. Infatti uno scrisse Capriccio italiano (1963), l’altro Il giardino dei Finzi-Contini (1962). Sanguineti cioè dava vita ad un’opera oscura e indecifrabile, se non per una cricca di accademici (e lo faceva in nome delle masse). L’altro scriveva un romanzo vero, incidentalmente politico, che tutti potevano leggere. Bassani con quel romanzo riusciva a far crescere il lettore (anche eticamente e civilmente) facendolo tremare con le metafore. Sensibilizzò chi lo leggeva descrivendo partite a tennis con colpi “ciechi”, in pomeriggi che diventavano di colpo senza luce. La morte fuori scena di Micòl Finzi-Contini fa odiare i regimi più di tutta la letteratura d’avanguardia messa insieme.

Sanguineti e gli intellettuali della neoavanguardia si occupavano invece di mettere mine nel linguaggio, e nelle forme metriche, dettando in questo modo l’identikit del perfetto intellettuale. L’inconveniente di quella tesi era che fosse sbagliata, ma qualcuno, consapevole o no vi ha creduto.

In Italia si è assistito così ad una separazione. Gli intellettuali dediti alle loro labirintiche opere illeggibili hanno lasciato il romanzo nelle mani di chi non era engagé, non aveva alle spalle una visione forte della letteratura, né aveva alcun tipo di messaggio da lanciare perché la società invertisse la rotta.

Una delle prove più evidenti che la tesi dei neoavanguardisti non fosse sana, mi pare possa essere la letteratura israeliana contemporanea. Nel novembre scorso a Tel Aviv David Grossman ha tenuto uno dei discorsi più lucidi, forti, e d’impatto politico degli ultimi anni, diretto anche contro il proprio governo. I tre intellettuali israeliani che, si condivida o no le loro posizioni, sono le voci più rilevanti di chi non fa politica di professione, sono anche tre scrittori, autori di romanzi veri: David Grossman, Abraham Yehoshua e Amos Oz. I loro testi sono tra i migliori romanzi della letteratura mondiale (capaci anche di sperimentare forme nuove, rinnovare le strutture narrative, riflettere sul linguaggio) ma non sono certo degli anti-romanzi. Eppure lì, dove la neoavanguardia non ha screditato la narrativa, la forza politica e militante degli intellettuali è piena e indiscutibile.

Le obiezioni possibili a questo discorso sono molte, la più immediata è che quando parlava Sanguineti le cose in Italia erano diverse, e che c’era bisogno di Laborintus (1956) e non del Gattopardo (1958). Personalmente non ci credo, ma di questo si potrebbe discutere, la domanda comunque che vorrei fare a Sanguineti è questa: crede ancora in quella sua tesi? Col tempo, si è accorto che concentrarsi sul linguaggio e deformare la narrativa non era la strada per il cambiamento sociale? Si è accorto che il danno prodotto dalla neoavanguardia nei confronti della letteratura italiana è maggiore dei suoi benefici?

Apprezzo molto la sua recente virata verso la cultura pop (alla lunga le élite sono noiosissime). Ricordo la sua presenza al Campiello, e mi dispiace che il suo testo sia stato escluso dall’edizione del Festival di San Remo del 2007. Le chiederei, a questo punto, una mossa modaiola. In tempi in cui pure la chiesa chiede scusa e i vescovi si licenziano, lei, chierico, non vuol proprio chiedere scusa alla letteratura?

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09 gennaio 2007

Mary Poppins o il male allo stato brado


Prima puntata:
Mary Poppins, bambinaia volante con ombrello parlante e inguardabili scarpe rosse, rappresenta tutto ciò che di male può esserci al mondo. Per chi, come il sottoscritto, è parte integrante di quella generazione cresciuta a cartoni animati e relative sigle nei meravigliosi anni ottanta la rottura di un processo di sublimazione deve necessariamente partire dal fare a pezzi quella donna e il mondo che attorno a sé vorrebbe creare.
Mary Poppins non ci propina il mito dell’eterno fanciullo, Mary Poppins non sogna un’umanità fatta di bambini, Mary Poppins vuole che i bambini diventino uomini mantenendo l’animo pronto allo stupore dei fanciulli: Mary Poppins è allora l’avanguardia della società a una dimensione, ciò che desidera è l’annullamento della coscienza critica.
Ci si presenta discendente dalle nuvole mentre si imbelletta. Porta con sé il già citato ombrello a cui verrà affidata a fine film la “morale” della storia (un luogo comune dei più beceri che il bambino meno sveglio del pianeta ha già intuito durante i titoli di testa), e una borsa che poi scopriremo essere fatta con un tappetto: ATTENZIONE! non si tratta di riciclaggio, quella borsa può contenere (forse contiene) ogni cosa: la borsa è la delocalizzazione occultata che preserva il sereno occidente da un sacrosanto senso di colpa.
Prima scena: Bert, squattrinato artista che sembra ignorare il filo doppio che lega l’arte al Mercato (si tratta ovviamente di un complice, poeta ottocentesco da soffitta: CHIARO DI LUNA CON BANCHE), Bert, dicevamo, vestito come un deficiente sta intrattenendo un’allegra combriccola di attempati borghesi benestanti. Dice di recitare poesie comiche ma fa invece l’esatto contrario: sublima la realtà, o semplicemente mediante complimenti a sfondo vagamente sessuale: “lei ha solo due figlie ma… fan per sei” o più subdolamente dando titoli, potremmo dire epicizzando, le più comuni e umani attività: “Miss Lark/ va a passeggio/ nel parco/ con John” (aiutami a dire ‘sti cazzi), anticipando in qualche modo il minimalismo americano ma altrove rallegrandosi anche dell’uso della rima sbeffeggiando così le nascenti avanguardie. Allo spettacolino assiste imperturbabile una guardia che ovviamente non interviene (Mary Poppins non è un film, è un teorema), le masse borghesi soddisfano il loro impulso “artistico” e nessuno si è fatto male: tornate pure a casa. Ma ecco che mentre Bert sta per recitare la sua poesia ad una racchiona con paglietta qualcosa succede (era troppo anche per lui), il comico diventa un lirico, quasi un elegiaco e da perfetto idiota esprime allora la sua gioia stampandosi un piatto in faccia: tanto più stravagante tanto più artista, giubilo fra i borghesi.
L’incontro successivo è con l’ammiraglio Boom, un vecchio arteriosclerotico che in compagnia del suo mozzo obeso cannoneggia a salve il quartiere “bene” dove risiede la famiglia dei due piccoli protagonisti (torneremo su questo personaggio in seguito).
Ma veniamo alla famiglia Banks: incontriamo in primo luogo le due domestiche che si scannano come cane e gatto (in seguito all’arrivo di Mary Poppins andranno d’amore e d’accordo mandando a farsi benedire la sacrosanta rabbia sociale che prima o dopo si sarebbe altrimenti indirizzata contro il giusto bersaglio). Arriva la madre cantando: bambolina casalinga cerebrolesa e succube del marito che ironicamente si batte per la conquista del suffragio femminile (il suo compito consiste nel tirare ortaggi contro il primo ministro, figuriamoci se le donne potevano avere un serio progetto politico).

Continua...


Mimmo Cangiano

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07 gennaio 2007

In morte del blog














Si è spento alla giovanissima età di sei mesi il mite blog di Tabard. Ne danno il triste e tardivo annuncio i redattori e i lettori. Da mesi ormai nessuno più scriveva, nessuno più commentava, nessuno più se ne curava. Nato, come tanti altri suoi fratelli della rete, per dare voce elettronica, doveva servire come ulteriore veicolo di trasmissione per la redazione e i lettori della rivista Tabard. Ha fallito nel suo intento, riuscendo solo ad elevare un vagito appena udibile. Aveva mosso i primi passi timidamente, impacciato nel nuovo abito e insicuro di sé e dei propri mezzi. Raggiunse l'apice della sua produzione all'età di circa quattro mesi per poi rispegnersi proprio quando sembrava crescere e maturare. Peccato. Se ne vanno con lui le speranze di chi credeva di poter diffondere le tabardianate su internet ed ampliare i campi di ricerca, le proposte, le collaborazioni. I cyberfunerali si terranno in forma privata in data e sito da destinarsi. Ciao simpatico blog, che la rete ti sia lieve.

p.s.: niente email, ma opere di bene.

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