31 ottobre 2006

Oaxaca: il giorno dei morti

Questa la notizia: lo scontro tra movimenti popolari e governo messicano che si sta svolgendo nella città di Oaxaca assume giorno dopo giorno risvolti sempre più tragici. Nella sola giornata di ieri ci sono stati infatti due morti (un infermiere e un impiegato della previdenza sociale). Tra le vittime della Polizia Federale Preventiva (PFP) c'è però anche un corrispondente di Indymedia, Will Bradley Roland, assassinato invece il 28 ottobre. Nelle ultime ore è stato ferito mortalmente da un candelotto lacrimogeno anche un ragazzo di quindici anni.

Questa è invece la situazione: dal 22 maggio del 2006 circa sessanta mila insegnanti hanno installato un presidio nel centro della città di Oaxaca, capitale dell'omonimo stato, con l'intenzione di protestare per ottenere un miglioramento delle condizioni di lavoro. Già il 14 luglio il governo regionale di Ulises Ruiz - sostenuto dal presidente uscente Vicente Fox - aveva reagito violentemente alla manifestazione. In seguito a questo primo attacco 350 organizzazioni sociali, che solidarizzano con il movimento degli insegnanti, hanno fondato l'Assemblea Popolare dei Popoli di Oaxaca (Appo) chiedendo le dimissioni del governatore. Oggi la città di Oaxaca è a ferro a fuoco: le barricate della Appo resistono agli attacchi della polizia federale e pretendono l'immediata destituzione di Ulises Ruiz.

Infine questi sono i dettagli: al pari di Indymedia e del suo corrispondente Roland, anche numerosi altri media liberi, sia nazionali che internazionali, sono presenti ad Oaxaca per documentare la resistenza del movimento dei lavoratori messicani. L'unione di queste testate ha permesso di costituire una rete di media alternativi che oggi funge da strumento di informazione popolare e da meccanismo essenziale di coordinazione della lotta per la destituzione del governatore Ulises Ruiz. Tra di esse Radio Universidad, la voce del popolo di Oaxaca, è stata oscurata mentre informava che nei dintorni della città universitaria - dove ha sede la radio - si stavano appostando numerosi veicoli della polizia.

Dall'inizio del movimento, quattordici persone sono state assassinate e più di quaranta sono invece finite in carcere. La Rete di Oaxaca dei Diritti Umani ha chiesto che cessino immediatamente gli attacchi armati contro le barricate (che attentano direttamente alla vita dei manifestanti), che si investighi e si individuino le vittime degli scontri e che si ponga presto fine al conflitto. La Rete di Oaxaca chiede a chiunque lo voglia di testimoniare alle autorità la propria solidarietà all'Appo inviando una mail ai seguenti indirizzi:

vicente.fox.quesada@presidencia.gob.mx
cabascal@segob.gob.mx
correo@cndh.gob.mx
gobernador@oaxaca.gob.mx


Vittorio Martone

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29 ottobre 2006

Mille e un contatto fa...

È tempo di bilanci in casa Tabard! (scusate l'attacco, ho visto poco fa un promo di Distretto di polizia). Dopo soli undici giorni dall'installazione in questo blog di un contatore degli accessi siamo infatti già arrivati a superare la quota di mille contatti (io l'ho detto che ShinyStat crea dipendenza...). Ora, sarà pur vero che la maggior parte di questi accessi è dovuta a noi della redazione (Paolo dalla Francia ed Eugenio dal Messico si sono dati un bel po' da fare in tal senso), ma resta il fatto che in qualche modo questo blog è comunque abbastanza frequentato (suprema croce di tutti i blogger quella della visibilità!). E allora, volendo trarre qualche conclusione, che cosa si potrebbe dire a proposito del lavoro che stiamo portando avanti con quest'ulteriore strumento? In effetti nulla di interessante.

Ma volendo cercare in qualche modo di giustificare questo insulso post, faccio ricorso alle proposte di riflessione avanzate dal Severi in una mail di qualche tempo fa (mi scuso in anticipo con eventuali lettori esterni se dovessero trovarsi a leggere queste righe autoriferite, e colgo l'occasione per invitarli a fermarsi anche qui - se vogliono - tanto non si perderanno nulla).

Il blog, con tutte le peculiarità anche linguistiche che riguardano questo supporto, ci pone di fronte ad una serie di necessità. Tra queste c'è in primis quella di modificare il tono consueto delle nostre esposizioni. E questo non perché tramite il blog ci si rivolga a dei bambini sprovveduti, ma semplicemente perché lo strumento in sé, ai fini di una più vasta comunicazione, richiede un certo grado di semplificazione. Ciò non vuol dire che la rivista - la cui complessità è stata conseguenza di una scelta deliberata - debba assumere le medesime caratteristiche (e qui si arriva alla questione delle due anime). Ma a questo punto si sta praticamente dicendo che bisogna di volta in volta adeguarsi a degli schemi prefissati, il che non si adatta alle nostre posizioni. E allora punto e da capo.

La realtà è un'altra. Essa consiste nel fatto che Tabard ha scelto di intevenire nel dibattito culturale e politico portando il proprio punto di vista, assumendo una posizione militante, relazionandosi con continuità alla realtà circostante. E l'attività tramite internet non è altro che un'ulteriore conseguenza di questa scelta. Come a dire "eccoci qua", con i nostri linguaggi che variano schizofrenicamente (per alcuni di noi anche nevroticamente) non semplicemente da un posto all'altro, da un supporto all'altro, ma anche al loro interno, e che in fondo si riconducono sempre a quella volontà di discussione, di elaborazione e di progresso collettivo che ci ha animato all'inizio, portandoci alla pubblicazione di una rivista che ha ancora tanto bisogno di crescere. E che se troverà altri spazi di intervento e di diffusione, non eviterà di farli propri (suona troppo come minaccia?). Questo perché, semplicemente, non possiamo scindere "speculazione" e "militanza".

Stormo di commenti in migrazione
da un blog freddo ad uno caldo
(immagine trovata qui)


Vittorio Martone

P.S.: Vi avviso - se non lo aveste capito - che le foto non c'entrano nulla col resto del post. Semplicemente le ho scovate in rete e, trovandole divertenti, ho deciso di pubblicarle. Anzi, diro di più, forse questo scritto demente s'è sviluppato giusto come scusa per inserire sul blog queste immagini.

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28 ottobre 2006

Freud Provato

Dal mio blog comunitario http://senonlarealta.blogspot.com/

E poi c'è chi dice che la politica non serve a niente. Qualunquisti, beceroni ignoranti, demistificatori, comunisti!!! (scusate, m'ero immedesimato nella vulgata urlatrice)

Invece ecco che due, dico due, politici apportano un contributo fondamentale all'umanità tutta ed in particolare alla scienza. Non ci credete? Beh, leggete queste due dichiarazioni a proposito dell'affaire Luxuria riguardo l'uso del bagno delle donne da parte dell'onorevole di rifondazione.

Elisabetta Gardini (portavoce di Forza Italia, sì, davvero): "Si faccia tagliare il pisello. Se lo tagli e allora venga pure nel bagno delle donne. Perché non lo fa? Ta-glia-te-looooo!"

Luca Volonté (qualcosa all'interno dell'Udc): "Per quanto mi riguarda, i generi sono due: maschile e femminile", se esistono altri generi "noi comunque li contrasteremo". I questori della camera, secondo il volonteroso Volontè ogni mattina "dovranno verificare personalmente i sentimenti, gli appetiti ed i desideri dei singoli deputati".


Beh, direi che finalmente... abbiamo prove conclusive per le due teorie complementari di Freud, quella dell'invidia femminile del pene e dell'ansia maschile di castrazione; quindi da freudiano convinto non posso che ringraziare la cavia A (detta Elisabetta Gardini) e la cavia B (detta Luca Volonté). Un altro grande giorno per l'umanità, la scienza e stavolta addirittura anche per la politica.

Ah, dimenticavo, visto che nella scienza si citano le fonti, le due dichiarazioni sono prese da qui e qua

Francesco Frisari

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26 ottobre 2006

Primo post messicano

Inizio a leggere un romanzo, La sombra del caudillo di Martín Luis Guzmán (1929). Leggo nel dettaglio, analizzo, mi diverto tantissimo. Romanzo della rivoluzione messicana, categoria molto ampia di cui (spero) nei prossimi post tornerò a parlare. Tutta la prima parte mi pare magistrale, con un narratore iper-onnisciente, onnipresente, ironico, che tratteggia i «nostri eroi» postrevoluzionari seguendoli nel loro giro donnaiolo, borrachero, demagogico, risultato della istituzionalizzazione della Rivoluzione (P.R.I. si chiamerà il partito che governerà il Messico per decenni di ipercorruzione antidemocratica - che continua, in maniera differente, con due partiti in più - Partido revolucionario institucional...). Tutto il machismo, la bassezza, o lo splendore fisico-comportamentale dei personaggi mi sembra una grossissima caricatura. Il climax del comico arriva quando Aguirre - importante esponente della politica del tempo, personaggio principale del romanzo, generale dell’esercito e fidato collaboratore del caudillo, bajo su sombra - Aguirre, che appare nella prima pagina col suo Cadillac, doppio speculare delle sue oscillazioni psicologiche, in una scena esilarante si fa incontro col suo macchinone a una donna che intende sedurre, «e sentì, quanto più si avvicinava, un trasporto vitale, un che di impulsivo, trascinante, che dal suo corpo si trasferì al Cadillac e che l’auto manifestò prontamente, con brusche scosse, nell’azione nervosa dei suoi freni. Perché l’autista, che conosceva il suo padrone, arrivò a tutta velocità al luogo preciso, in modo che l’auto si fermasse lì simulando la dinamica - virile, spettacolare - del cavallo che il fantino tratteggia nel culmine della corsa» (scusate la traduzione, senza vocabolario). Scrivo sul mio quadernetto: «¡increíble!». E la paroletta, risignificata, poteva funzionare.

Continuo il romanzo e mi accorgo che tutta l’ironia che avevo letto in quella prima p
arte, scompare. Mi chiedo, in che maniera e perché. Si continua sullo stesso tono, mi dico, si sta normalizzando quella carica satirica. Leggo meglio, il romanzo inizia a non avere più neanche un rimasuglio di ironia. Lo finisco e la sua struttura è quella di una tragedia. Inizio a intuire, torno alla prima parte. Ovvio che non c’era neanche un briciolo di ironia dove io avevo voluto vederla. Racconto l’accaduto in classe e la professoressa mi dice: «perché tu l’hai letto in maniera postmoderna!». Increíble. Il minimo dettaglio può essere spiegato culturalmente. Quello citato (mi dice un mio amico): devi pensare che da poco si iniziavano ad utilizzare le auto, il modo di percepire la strada e il movimento è ancora quello di chi sta cavalcando. In più i rivoluzionari semi-analfabeti saliti al potere ecc.
Per due mesi ho sospeso il giudizio e ho studiato. Ma non per l’accaduto qui raccontato. Per una questione di metodo che difficoltosamente sto cercando di formulare. Le domande erano: fino a che punto posso pretendere di allargare le relazioni? E quanto ingenuamente posso farlo, relazionando un romanzo come La sombra con tutto ciò che si è scritto prima e negli stessi anni in Europa? Quante relazioni, quanti riferimenti mi mancano per non cadere in un classico esempio di presunzione interpretativa (“occidentalista”? mi si passi il “banalismo”).
Questo si estende a tutto, alla percezione della città, allo sguardo straniato di cui parlava il Severi, a molto altro ancora.
Adesso devo studiare un romanzo per la lezione di mezzogiorno, quindi mi fermo qui. Presto espliciterò la “questione di metodo”, esistenziale, etica, innanzitutto. E vi parlerò, avendo tempo, di tanti romanzi di cui in Italia non mi sembra esista traduzione.

Eugenio Santangelo

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Indifferenza?

Oggi Repubblica.it ha segnalato degli incidenti avvenuti la scorsa notte nelle banlieues parigine di Nanterre e Saint Denis (entrambe sedi di università, come Creteil, dove vado io). Sono andato a cercare su alcuni siti dei giornali francesi: Le Monde.fr non riporta ancora la notizia (dico ancora perché Reuters France la batte alle 10:40) ma propone una Edition Spéciale dal titolo Banlieues, un anno dopo e nella sezione Société c'è un'articolo sui minorenni protagonisti delle rivolte del 2005 (alcuni dati: tutti ragazzi, tra i 16 e i 18, per l'84% di origine straniera, di cui il 55,5% magrebina). Liberation.fr lo lascia tra i dispacci di AFP. Le Figaro.fr infine riporta la notizia in primissima pagina sia approfondendo i dati di cronaca sia proponendo una possibile spiegazione: gli attacchi potrebbero essere la risposta alla messa in giudizio di due minorenni per degli incidenti simili avvenuti in Essonne. Inoltre tra i complementi proposti c'è un sondaggio che mostrerebbe come il sentimento d'insicurezza sarebbe recentemente calato tra i parigini.
Questo enorme cappello per collegarmi a una brutta esperienza personale avvenuta ieri in metropolitana... Tornavo dall'università verso le 19:30. Ad una fermata sale un tizio nero enorme, sulla trentina, che dopo essersi seduto qualche posto dietro di me inizia a parlare da solo in maniera incomprensibile (ripeteva spesso "t'inquiete", cioè "non preoccuparti"). Dopo qualche minuto mi giro e vedo che il tipo si sta allegramente rollando una canna continuando il suo monologo solitario. Fin qui nulla di troppo strano: un fattone come tanti che si piglia un rischio. Il fattaccio accade poco dopo quando questo improvvisamente e senza alcuna ragione apparente si alza, viene vicino a me e ai miei occasionali compagni di viaggio e sferra un pugno ad un ragazzo seduto alla mia sinistra colpendolo fortunatamente (o volutamente?) tra spalla e petto. Il ragazzo si alza chiedendo spiegazioni ma il tipo nero attacca ad urlare cose a me incomprensibili (ma credo che in generale non avessero un gran senso). Mi allontano piuttosto spaventato insieme al ragazzo colpito (che potevo tranquillamente essere io) e ad un'altra signora, ma noto subito come la maggior parte della gente rimane ferma e tranquilla al proprio posto, qualcuno senza neanche smettere di leggere il giornale o chiacchierare. Alla stazione successiva cambio vagone ma continuo a guardare cosa accade nell'altro dai finestrini comunicanti. Il tipo dopo essersi rimesso a sedere qualche istante si rialza e si toglie la felpa rimanendo a torso nudo e brandendo una bottiglia: a questo punto altre persone si allontanano da lui, ma in generale nessuna scena di panico. Alla fermata seguente lo vedo scendere continuando a blaterare aggressivamente da solo.
Ora, non che questo episodio abbia alcun collegamento diretto con le sommosse in periferia, però l'indifferenza con cui è stato accolto da gente evidentemente più avvezza di me a tali scene metropolitane mi ha colpito ben più dell'evento stesso. La mia coinquilina mi ha raccontato di un episodio simile avvenuto ai danni di una sua amica quando quattro uomini la picchiarono senza motivo, sempre in metropolitana, tra l'indifferenza generale e ancora Le Monde riporta una notizia di un fatto simile accaduto ad una giovane donna in un treno periferico. Ecco, l'indifferenza mi sembra il comune denominatore tra queste storielle e le proteste giovanili di banlieues. Non so ancora bene come si evolve il dibattito sull'integrazione qui in Francia: l'impressione è che non si voglia mettere troppo in discussione il modello nazionale (tutti benvenuti ma sotto un'egemonia culturale francese e francofona) che però sembra essere sfociato soprattutto in comunitarismo (neri con neri, cinesi con cinesi, arabi con arabi ecc.). La Belleville di Pennac esiste (è a due passi da casa mia) e benchè sia un bell'esempio di convivenza urbana non mi sembra tuttavia un paradiso di integrazione o di solidarietà interetnica.

Paolo De Guidi

p.s.: cercando un'immagine per il post mi sono imbattuto in questo simpatico blog che consiglio di leggere a tutti i compagni bolognesi (e non solo).

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Ma chi ci segue dall'Australia?

Lo confesso, da quando questo blog è stato dotato di quel simpatico strumento che è ShinyStat, a volte passo il mio tempo a controllare le statistiche sulla frequentazione di queste pagine (compulsione, noia, o fancazzismo - come sono giovane! - mettetela come volete, ma la cosa esercita un certo fascino su di me). Ad ogni modo, nel corso di queste mie peregrinazioni statistiche mi sono imbattutto in un dato abbastanza particolare. La capillare diffusione di Tabard (e, cosa non da poco, dei Tabardiani) aveva già raggiunto Messico, Germania, Francia, Irlanda, Kenya, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti. Ma onestamente non pensavo che le nostre povere riflessioni avessero il potere di arrivare finanche in Australia! In effetti è così: c'è qualcuno che ogni tanto arriva sul nostro blog direttamente dall'Oceania. E il particolare avvenimento non è stato casuale: fino ad ora i contatti registrati sono già tre e il trend positivo non accenna a fermarsi. Tempo fa, in un commento al post Sassate, Andrea Severi si chiedeva se qualcuno di noi avesse intenzione di candidarsi come inviato in Australia. Ebbene Sevo, forse lo abbiamo trovato!

Vittorio Martone

P.S.: Fantomatico aborigeno, se ci sei, fatti vivo!

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25 ottobre 2006

Il blog di Beppe Grillo

Tutti lo conoscono, pochi ne parlano. Ma con il blog di Beppe Grillo bisogna farci i conti se si è in rete, quanto meno non se ne può ignorare la presenza essendo diventato in due anni uno dei più letti della blogosfera (circa 150 mila contatti al giorno, fonte Technorati). Personalmente condivido alcune delle proposte di Grillo, soprattutto quelle su ambiente e comunicazioni (come si può non condividerle?). Molte delle sue provocazioni rivelano delle riflessioni interessanti sulle quotidianità acquisite: mi riferisco ad esempio al suo punto di vista sul fallimento e l'assurdità del sistema automobilistico (per certi aspetti comune alle nostre riflessioni appena cominciate su città e trasporti). Nonostante tutto riesce a intavolare nuove discussioni quasi ogni giorno, anche se spesso si ripete. Quello che mi piace sempre meno sono i toni, le semplificazioni estreme, le generalizzazioni, le prove spesso vaghe portate a supporto delle sue tesi. Molti pensano si sia montato la testa. Uno dei suoi ultimi post, Reset, effettivamente pare una chiamata alla rivoluzione. Daniele Luttazzi chiuse il suo frequentatissimo blog (almeno la versione commentabile) quando si rese conto che poteva diventare uno strumento di potere o, esagerando, di aggregamento passivo alle parole del leader (nei primi tempi non lo ammise mai, ma il riferimento a Grillo era facile a intendersi). Ormai la sezione dei commenti del blog di Grillo si riduce sempre più spesso a una ridda di insulti o invettive o "Beppe sei grande!". Io, tra le altre mille offerte della rete, un occhio ce lo butto sempre. Voi che ne pensate?

Paolo De Guidi

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23 ottobre 2006

Chi ha paura del Postmoderno?

È fissato per mercoledì 25 ottobre alle ore 18 il prossimo appuntamento con i lettori della rivista Tabard. Oltre alla presentazione del numero 3-4 Chi ha paura del Postmoderno?, l'appuntamento sarà anche occasione per avviare un dibattito con i poeti Matteo Fantuzzi, Nader Ghazvinizadeh e Matteo Marchesini, dei quali alcuni scritti sono stati ospitati nel volume che si andrà ad illustrare. L'incontro si svolgerà presso la libreria Librincontro di Bologna in via San Vitale 4.

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21 ottobre 2006

Cinema e politica

Circa tre settimane fa è uscito in molte sale francesi Indigènes, film del regista di origini algerine Rachid Bouchareb. Racconta la storia di un gruppo di soldati di origine africana che combatterono coraggiosamente per difendere la "patria" francese dai nazisti; dopo la vittoria venne loro negata la parata d'onore sugli Champs Elysées in quanto arabi o neri (in realtà c'è chi ha criticato aspramente il comportamento dei soldati marocchini nella campagna di liberazione italiana durante la quale avrebbero rubato, stuprato e distrutto. Ho letto che Minoli ne ha fatto una trasmissione l'anno scorso, ma non sono riuscito a trovarne altre tracce che in alcuni post di un agghiacciante forum di neonazisti).
Il film è stato presentato anche a Cannes dove gli attori protagonisti hanno ricevuto collettivamente il premio come Miglior interpretazione maschile. Molta dell'attenzione suscitata dal film si deve anche alla partecipazione, e al sostegno economico, di Jamel Debbouze che se in Italia è noto quasi esclusivamente per il ruolo dell'aiutante fruttivendolo gentile e ritardato ne Il favoloso mondo di Amelie, oltralpe è uno degli attori più famosi e pagati. Amato da tutto il pubblico, è un comico dotatissimo, soprattutto in improvvisazione, ed è un idolo per la gente delle banlieues dal momento che proviene da una famiglia marocchina di Trappes, una delle zone periferiche di Parigi.
A prescindere dai giudizi sul film, che ha ricevuto sia critiche entusiaste sia nette stroncature, la notizia interessante è che in seguito alla sua visione il presidente Chirac ha deciso di proporre un decreto legge che innalzi le pensioni dei vecchi soldati delle colonie equiparandole a quelle dei combattenti francesi. Dimostrazione di quanto un'opera d'arte possa ancora, almeno in Francia, incidere sulla realtà, anche politica, del paese e di come riesca ad animare dibattiti costruttivi su argomenti spesso dimenticati o evitati.

L'articolo dell'Internazionale

Paolo De Guidi

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18 ottobre 2006

La città del pensiero

Come proseguimento del discorso sul postmoderno avviato nel numero 3-4, la rivista Tabard uscirà nel mese di novembre con un monografico sul tema della città. Nell'attesa vogliamo fornire ai lettori un'anticipazione degli argomenti di discussione del prossimo numero tramite la pubblicazione dell'articolo di Ezio Puglia La città del pensiero.


«Se volete andare verso il mondo della politica,
seguite la strada maestra, seguite quel mercante
e la polvere dei suoi passi vi condurrà direttamente ad esso.»

H. D. Thoreau, Camminare

«Io sono l’isola.»
J. G. Ballard, L’isola di cemento.

Prendere la parola sul tema della città è compito arduo e la sterminata quantità di pubblicazioni che la riguardano un passato estremamente ingombrante. Poiché sarebbe delirante l’aspirazione a pantografare la fenomenologia urbana, ci proponiamo di sceglierne un aspetto cardinale (almeno quanto i concetti nominali lo sono per l'astrazione) e individuiamo questo aspetto nella via di comunicazione. E beninteso, ciò senza alcun ammiccamento a una qualsivoglia eccellenza disciplinare, ma per delle ragioni ben precise e assolutamente parziali.
Anzitutto, è soltanto da questa precisa posizione prospettica che ci prendiamo la licenza di inarcare dei ponti fra aspetti eterogenei di un fenomeno quanto nessun altro caleidoscopico.
In secondo luogo la via e gli strumenti della comunicazione sono strettamente correlati sia con la nascita che con la crescita urbana e ciò non soltanto sul piano materiale, ma anche sul piano immateriale: forse la più grande espansione che ha interessato la metropoli a spese del territorio non metropolitano nell’ultimo secolo è proprio quella nell’ambito culturale e subculturale. Stiamo parlando dell’urbanizzazione e della “omologazione” del mondo alla cultura urbana, dello sradicamento della cultura rurale ad opera della mediatizzazione massificata(1).

I mezzi di comunicazione di massa avrebbero un fine comune: «imprimere il marchio dell’autenticità e del valore al modo di vivere che emana dalla metropoli». E, in ultima istanza, «l’obiettivo finale di questo processo è una popolazione unificata, omogenea, standardizzata, modellata sulla metropoli […] a vantaggio di un’economia continuamente in espansione» [Mumford].
È come se nell’epoca post-coloniale, un nuovo tipo di colonialismo, forse più subdolo ma altrettanto violento, interessasse la sovranità del pensiero, mirando ad abbattere l’indifferenza culturale alle illusioni capitaliste. Forse a questo punto è il caso di precisare il significato della parola metropoli: la metropoli è “la città madre”, la matrice rispetto a dei territori coloniali. Vi è nell’intimo stesso della metropoli una continua tensione a superare i propri confini ed a tracciarne di nuovi, in una continua danza di ridefinizione del mondo fisico, ma anche delle stesse categorie di spazio e di tempo.
Il potere imperiale della metropoli, la sua capacità di controllare e superare i propri confini, di estendere la propria influenza, di imporre le proprie priorità è direttamente proporzionale alla sua efficienza tecnologica nei trasporti di truppe, di beni, di informazione: dunque velocità di trasferimento e potere di controllo appaiono collegati da un forte filo logico di cui la storia testimonia la saldezza.

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Dalla vostra talpa alla fiera del libro

Col consueto tempismo vi invio poche note sulla Buchmesse di Francoforte, la cui 58^ edizione si è svolta ormai una settimana fa. Principale appuntamento europeo per lo scambio di diritti d’autore, come saprete apre al pubblico soltanto due giorni, ma grazie ai miei agganci con le mafie esteuropee riesco a intrufolarmi anche il venerdì, nel pieno delle operazioni commerciali tra affaristi librai e scopritori di nuovi talenti. Mi limito qui a testimoniare che nel padiglione dell’editoria italiana, nonostante la miriade delle piccole case editrici che guarnisce lo stand enorme di Mondadori, campeggiano quasi esclusivamente Oriana Fallaci e Federico Moccia, e che la mia tentata indagine sul nuovo romanzo di Thomas Pynchon, condotta nello sterminato padiglione della letteratura in lingua inglese, sortisce come unico effetto di farmi beccare due perquisizioni (una in ingresso e una in uscita). Le cose non cambiano molto nei giorni seguenti, sebbene compaiano ospiti interessanti (dei nostri, Celati e la Parrella). Dove sono i lettori in tutto questo? Molti sono quelli arenati davanti all’ingresso, che comprano i libri usati nelle bancarelle – libri che poi si scopre essere abbastanza nuovi, dato che le case editrici di cui sopra magari li hanno appena dati via per ristamparli, uguali, con una copertina “più accattivante” (e anche questo è qualcosa che dovremmo spiegarci, i librai delle Moline non possono farcela da soli).


Daria

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13 ottobre 2006

Quando la camorra reagisce al testimone

Oggi Repubblica.it ha pubblicato un articolo riguardante Roberto Saviano. Lo scrittore napoletano, autore del romanzo/inchiesta Gomorra (la definizione è certamente riduttiva, ma resta la più comoda nel contesto di queste poche righe), è infatti stato oggetto di ripetute minacce da parte della camorra. Di fronte a questa notizia, facilmente e comodamente relegabile nel ristretto settore della cronaca (quando in realtà investe completamente quelle che sono le strutture di base dell'intera nostra società), ho pensato di testimoniare il senso di riconoscenza verso Saviano - questo il primo sentimento provato dopo la lettura del suo libro - ricordando le parole con cui Tiziano Scarpa parla dell'autore di Gomorra. Inoltre queste righe, per quanto ciò possa valere, vogliono anche essere espressione di solidarietà nei suoi confronti.

«L'io nel libro di Saviano è coinvolgimento profondo, totale, è strumento di conoscenza, è assunzione di responsabilità delle proprie parole, è motivazione autobiografica che spinge a indagare e capire. È storia personale non interscambiabile con quella di nessun altro. È persino esibizione fiera della propria faccia in quarta di copertina, a muso duro, gesto simbolico e politico che incarna il testimone, disposto a difendere le proprie parole con tutta la persona. L'io in Gomorra è l'istanza irriducibile della testimonianza, che è fatto e parola, è esperienza vissuta e non solo talento narrativo astratto. Il valore semplice e potente della testimonianza, sulla quale tanto insisteva Primo Levi. L'umile, e inflessibile, e eversiva arma dell'io.»


Vittorio Martone

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12 ottobre 2006

Dell'undici settembre e altre sciocchezze

A proposito di interazioni tra nodi della rete (essenza stessa della rete), eccone un'altra interessante. Moltiplico l'eco di questo video-documentario sull'undici settembre intitolato "Confronting the evidences" (Confrontare le prove) perchè è uno dei documenti più completi e precisi su quanto accaduto ormai cinque anni fa a Manhattan. Vengono mostrate prove se non schiaccianti, quantomeno pesanti dell'assoluta infondatezza della versione ufficiale trasmessa dal governo statunitense. Anche in questo caso è stata un azione dal basso, popolare, a mettere in moto la protesta e la ricerca della verità. Dal momento che molta dell'attuale instabilità globale è esplosa da quell'episodio è bene per tutti rinfrescare le menti. Il link è alla versione sottotitolata in italiano, ma sono ugualmente disponibili sottotitoli in altre nove lingue (quindi se avete amici all'estero non esitate a segnalarlo). Il video è ospitato dall'ottima Arcoiris TV (che tra l'altro promuove anche un appello per la digitalizzazione e la distribuzione gratuita dell'archivio Rai).

Paolo De Guidi

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Ho saputo da un amico di un amico...

C'è poco da fare, alla fine i blog si relazionano tra di loro proprio in questo modo: attraverso scambi, contatti, battute sparse qua e là si finisce con il saltare da un blog all'altro come comari al mercato. E proprio in questo modo sono capitato sul "diario informatico" di Gabriele Paradisi, sul quale è trascritto il lungo intervento che lo studioso marxista gallese Alan Woods ha tenuto pochi giorni fa presso la Sala del Baraccano di Bologna (tra l'altro, qualcuno di voi conosce questo posto?). In questo lungo, lunghissimo post ho trovato alcuni spunti interessanti, specialmente per chi (penso a Lodovica o al Santangelo), vive con particolare attenzione l'evoluzione della situazione politica latinoamericana.

Vittorio Martone

P.S. Quand'è che cominciamo anche noi a relazionarci un po' agli altri blog?

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