20 novembre 2006

Synapsis 2006

Come ogni anno, da sei anni a questa parte, i comparatisti d’Europa si riuniscono in un’amena località del centro Italia per Synapsis, un convegno internazionale promosso da un consorzio universitario che riunisce le Università di Bologna e Siena e organizzato quest’anno dai senesi Roberto Bigazzi, Laura Caretti e Simona Micali. Nella pittoresca Certosa di Pontignano, a qualche chilometro di collina da Siena, gli ultimi giorni d’estate hanno accolto un centinaio fra studenti, dottorandi e professori da tutto il mondo – compreso un brillante francesista nepalese, un gruppo di italianisti di Malta e la nostra spedizione da Bologna (un’Y10 con dentro tre studenti e Remo Ceserani ottimisticamente lanciata sull’Autosole, ma poi smarrita sulle tracce dei trattori tra Vagliagli e Pontignano).

A partire dalla parola d’ordine di quest’anno, “Exile” o dell’esilio, ognuno ha trovato la sua strada: Jürgen Wertheimer (Tübingen) e Marc Cerisuelo (Paris X) hanno affrontato il tema in modo diretto, guardando l’uno agli scrittori, l’altro ai registi tedeschi e austriaci costretti all’esilio durante il regime nazista; altri, ad esempio Maria Di Battista (Princeton) nel suo seminario su “Exilic Time”, hanno pensato l’esilio in termini più metaforici che fisici e spaziali, come esilio da se stessi e dall’esperienza quotidiana, figura della frattura e della distanza che originano la riflessione artistica. Dame Gillian Beer, che da Cambridge dirige la British Comparative Literature Association, si è occupata del ritorno dell’esule in patria dal Figliol Prodigo a Gulliver’s Travels, giudicando questo un momento assai poco risolutivo, anzi, virtualmente irrealizabile a causa dell’irrecuperabile differenza maturata tra il viaggiatore e la terra natia. Per fortuna sembra che lo straniero in patria possa anche guadagnare qualcosa dal suo esilio: per la scrittrice Melania Mazzucco, autrice di Vita e Lei così amata, la letteratura offre un rifugio a tutti gli esuli scacciati dalla propria terra perché permette di rivisitarla e ricrearla nella finzione letteraria, e, come fa Ovidio nei Tristia, proclamare la propria libertà dal potere di qualsiasi Cesare.

Dopo una settimana di discussioni sempre più astratte, si é rivelata piuttosto illuminante la lezione di Hayden White su “Exile and Abjection”, che ha richiamato tutti alla materialità e alla realtà anche politica dell’esilio, cominciando con una citazione dall’antropologa Mary Douglas: “Dirt is matter out of place”. Se lo sporco è materia fuori posto, significa che l’identità, o almeno la valutazione sociale, dipendono dalla posizione nello spazio in cui qualcuno o qualcosa si trova. Per questo le società tradizionali utilizzano l’esilio come massimo grado di sanzione contro i membri dell’aristocrazia: oltre i confini della propria terra, della propria cultura e della propria legge, la persona perde valore e identità, svanisce nell’indeterminatezza del fuori, dell’altro. Ecco da dove viene il significato dell’inquietante palindromo inglese “Able was I ere I saw Elba” (capace fui io prima di vedere l’Elba), pronunciato con rammarico da un triste Napoleone in esilio: l’esilio rende inabili, inutili, impotenti. Dopo la tavola rotonda conclusiva tenuta dal gruppo del CILCA bolognese (Centro interdipartimentale…), l’ultima libagione dell’ottimo cibo e del vino locale, e un gustoso spettacolo teatrale su cui il gruppo della Caretti aveva faticato tutte le sere mentre altri gozzovigliavano. L’appuntamento è rinnovato per Synapsis 2007, il prossimo settembre a Bertinoro.

Rosa

Etichette:

0 Commenti:

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]

<< Home page