27 novembre 2006

Tra Poesia e Video-Arte, quando i percorsi si avvicinano fino a toccarsi

Uno dei più grandi equivoci che oggi si fa anche ad alti livelli critici e divulgativi è quello di confondere in maniera semplicistica “poesia” e “poetica” creando effetti in teoria semplicemente divertenti, in realtà quasi inquietanti. In effetti chi non maneggia pienamente la poesia, mi riferisco soprattutto alla critica delle arti contemporanee, rischia di cadere nella trappola andando ad invidiare schemi e sensazioni propri della poesia nel mezzo video applicato all’arte contemporanea, non per questo senza captare la forza di una poetica solida: Yang Fudong ad esempio con i suoi racconti in bianco e nero della vita e delle tradizioni cinesi è un ottimo esempio di trasposizione del racconto (una sorta di prosa poetica) tramite il mezzo video. Ma questo per l’appunto non è sufficiente. La video-poesia è forse invece il migliore modo per partire dalla poesia e ritrovarsi nell’arte, questa infatti ha origine dalla carta e si sviluppa (sempre con identità poetica) attraverso lo strumento video mantenendo un patto di “lealtà” con la sua genitrice.

È poesia quindi? No, è video-poesia, è cosa a sé, ma cosa sempre più importante, con festival ad essa dedicata (per esempio in Italia c’è il lavoro di RomaPoesia) e poeti esperti nel video come Stefano Massari che hanno ottenuto in tal senso risultati egregi (consiglio in quest’ottica, con volontà documentaristica e di studio del linguaggio, l’esperienza di Massari scaturita nei video di FuoriCasa.Poesia).

Speriamo quindi che vada assottigliandosi sempre più la tendenza allo strafalcione ed a chiamare tutto “poesia” (tranne per assurdo la poesia vera e propria, come accennava Gian Mario Villalta in un celebre incontro tenutosi a Pordenone nel 2002 parlando della cosiddetta “generazione di mezzo”).

Matteo Fantuzzi

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