17 settembre 2008

Un assaggio di Psiche

I primi a sentirlo sono stati anche stavolta i francesi presenti il 5 settembre alla Salle Pleyel, ma a sorpresa l'ultima canzone del nuovo album di Paolo Conte, Psiche, è dedicata a Berlino, una Berlino su cui fin dal primo verso cade “una pioggia spagnola”. La topografia di Psiche è mescolata e sentimentale, qua e là si aggirano senza meta personaggi emarginati, solitari, in generale più pensierosi del solito, a bordo di mezzi consueti (biciclette) o accompagnati da strumenti invece tutt'altro che usuali nelle canzoni di Conte (sintetizzatori). Il nuovo album, distribuito da Universal e ormai di prossima uscita anche in Italia (dopodomani), vira – non clamorosamente, anzi con un certo passo felpato – verso sonorità più fredde e artificiali, che sembrano voler zittire ogni retorica.

Si parla dei sentimenti, i soliti, l'amore, ma guardati con l'occhio lucido di Psiche questa volta. I temi musicali restano saldamente nelle mani di pianoforte, violino o violoncello, mentre ai “nuovi” strumenti è dato di tratteggiare l'intorno. L'atmosfera rimane sospesa, si aspetta per tutto il disco che “succeda qualcosa”, e poi le accensioni si concentrano inevitabilmente nei personaggi e nelle rime che riconosceremmo ovunque come “paolocontesche”: un sole zulù, un capo lontanamente indiano, una variopinta artista del circo, Ludmilla (“se io faccio un fischio chi si volta è la cavalla”). I testi delle canzoni che si appoggiano a figure e storie collaudate danno la sensazione di voler distogliere l'attenzione degli ascoltatori dalle novità del percorso musicale, che da un lato sembra incerto, dall'altro si sa che è inutile aspettarsi svolte brusche dall'Avvocato: “qui si recita/ senza né follie né serietà” (che, nella lingua di Conte, fa rima). Si resta soprattutto curiosi di sapere dove porterà allora l'ultima direzione presa, e certo questo è per forza un merito, che con quarant'anni di carriera musicale alle spalle Paolo Conte sia ancora capace di far sì che il suo pubblico si chieda cosa ci sarà “dopo”.

Daria


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