Storia di Tabard. Parte seconda: come fu che il tracollo del KUH riunì gli infrarealisti sotto le due torri
Ma il punto di non ritorno fu quando ci giunse la notizia che anche il Kommando Ultrafemministe Helvetiche iniziava a dare segni di cedimento a causa di conflitti tra i suoi membri. Persino Minni Mannzerbrecher, figura di spicco del Kuh e coprotagonista di un fortunato serial a luci rosse di stampo hegeliano, Nella notte tutte le vacche sono nere, aveva avuto una brusca inversione di marcia e in seguito alla lettura di un pamphlet antifemmista (La tradizione di casa tua. Cento e uno modi di preparare la torta al testo) aveva abbandonato il gruppo in preda a una crisi mistica. Mentre la città sprofondava nel fango, sembrava che un’unica voce avesse il potere di ricondurla sulla retta via: quella del cardinal Giovannpaolo Cobra Caraffa, che dai pulpiti della città di Bologna, ultima roccaforte del potere temporale dei papi, inveiva contro la depravazione della nuova Sodoma umbra. Venimmo a sapere che Minni Mannzerbrechen si era rifugiata sotto la protezione dell’influente porporato e viveva di privazioni e penitenza nella cattedrale di San Francesco, facendosi chiamare “sorella Ruth”, come ai tempi della sua militanza al fianco di Merumeni. I maligni sussurravano che il cardinale ne avesse fatto una sorta di concubina, e conoscendo il carattere sensibile del nostro leader, il suo rifiuto inflessibile verso ogni forma di poligamia, iniziammo a sospettare che avesse seguito Minni nella città emiliana, e ci mettemmo a nostra volta sulle sue tracce.
Fu così che, dalle provenienze più disparate, ci trovammo alla fine riuniti sotto l’ombra delle due torri e di quella ben più ampia del cardinal Caraffa. Si diceva che quell’uomo avesse le chiavi della città, che fosse l’anello di congiunzione tra la gerarchia ecclesiastica e la massoneria anticlericale legata all’università e alla minoranza anabattista, che fosse l’ultimo dei templari, il vero depositario dei piani per il complotto mondiale sfuggiti per un soffio a Umberto Eco. Le tracce di quel complotto finivano proprio lì, nell’imponente basilica di san Francesco, nelle sue cripte, nei sotterranei scavati dai frati in secoli di dedizione e voti di castità, i cunicoli che andavano a sbucare in via del Pratello, nelle bettole, nei bordelli, nelle osterie. Quando il cardinale ci prese sotto la sua protezione, confidandoci che non vedeva altro mezzo se non la diffusione capillare di Tabard per la palingenesi morale della comunità bolognese, fummo presi di nuovo da un ennesimo assalto di ottimismo e fervore militante.
Dalle memorie di M. M.
(continua)
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