18 aprile 2008

Ieri sera sono andato a teatro

Come avrete capito in questi giorni non ho voglia di fare nulla e d'altronde la matematica mi è lontana quanto è lontana da voi.

Ieri sera sono andato a teatro e mi dispiace molto per chi invece non ci è stato. È stata una sensazione piacevolissima, un teatro vero, un teatro d'opera con le signore anziane agghindate come quelle giovani ma già vecchie, i signori eleganti, i palchi dove si sta stretti, il velluto granata, gli stucchi dorati, i lampadari di cristallo e tutto il resto.

Lo spettacolo consisteva di due piccoli atti unici, entrambi didascalici e apprezzabilissimi, per molti aspetti alquanto diversi.

Il primo è stato Die Sieben Todsuenden (I sette peccati capitali), opera/balletto di Kurt Weill con libretto di Bertolt Brecht. Messo in opera per la prima volta nel giugno del 1933 a Parigi nell'ambiente degli esuli tedeschi, è uno spettacolo di notevole impatto emotivo. La trama è semplicissima: in America alcuni fratelli (il coro) spediscono la sorella Anna a fare soldi in giro per le varie metropoli. Anna è impersonificata in due ruoli: Anna I che canta e rappresenta il super io e Anna II, che balla, la vera persona (in questa opera le persone ballano e i borghesi cantano). In ogni città ad Anna II si presenta la possibilità di commettere uno dei peccati capitali (l'orgoglio di non volersi prostituire, l'ira contro la tirannia, la lussuria dell'amore per amore etc...), cosa che costituisce un ostacolo per il raggiungimento del suo scopo borghese e per questo motivo viene puntualmente richiamata all'ordine da Anna I, per la gioia dei fratelli.

L'apice emotivo e politico, si raggiunge quando verso la fine del dramma Anna I, vestita con un mantello nero e un cappello da militare, comizia, in un crescendo di musica sempre più cupa e grottesca, propugnando la sottomissione dell'individuo ai valori borghesi: non è difficile immaginare l'effetto che questa prosopopea hitleriana abbia fatto sul pubblico.

Il secondo atto unico è stato Trouble in Tahiti di Leonard Bernstein (a margine, ebreo come Weill), opera del '52. Ironicissima commedia, di una ironia simile a quella dei Simpsons, sulla famiglia tipo americana.

La trama è di nuovo semplicissima: viene rappresentata una giornata di una giovane coppia, marito e moglie (con figlio che non appare mai sulla scena), che vive una vita di amarezze e incomprensioni ma con un discreto successo economico. A fare da contraltare alla triste realtà, scena per scena interviene un trio di cantanti jazz, i quali, con jingle da pubblicità radiofonica, descrivono l'ideale piccolo borghese americano. Inoltre la scenografia ed i costumi (entrambi notevolissimi) sono scelti in modo da accentuare questa dicotomia tra il ridicolo ideale e la triste realtà.

Anche lo spritz bevuto durante l'intervallo al bar del teatro non è stato male, né mi posso lamentare della passeggiata lungomare prima dello spettacolo.

Felicemente,

Davide


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