19 febbraio 2008

Precariare stracca (ovvero, in dialetto lumbard: precariare stanca)

Sabato sera, il cinema è quello di fronte alla stazione dei treni.
(Quando passi per questa strada, a Mantova, e ti fermi a metà, cinema alla tua sinistra, stazione alla tua destra, ti si scalda il cuore, perché non sai mai in che modo potresti partire).
Fiatone, ma non c’è fila al botteghino e non ce ne potrebbe essere – ce ne dovrebbe, stando alla qualità del film, ce ne dovrebbe... Non è mai così, e gli intellettuali spesso dicono: meno male. Mentre gli operai... Gli operaii... Gli operaii diconoo... Non ce ne sono.
D'altronde, è una visione organizzata dalla CGIL.

Davanti a noi, inutilmente impazienti (perché parte il treno, dai che parte) si attarda soltanto un signore sulla cinquantina, che chiacchiera con la cassiera - che è una, una in totale, non una di dieci, come nei multisala, ha lo schermo protettivo regolamentare in plexiglass, ma è senza auricolare o quegli altri aggeggi che a volte invece che alla cassa del cinema sembra d’essere alla Nasa... Discettano sul fatto che il cinema nel quale stiamo entrando è con tutta probabilità (anzi, è sicuro, ribatte con un sussulto d’orgoglio la cassiera, che fa anche parte della cooperativa che gestisce il cinema) l’unico in tutta la Lombardia a proiettare in questo periodo il documentario di Ascanio Celestini, Parole sante (Italia, 2007).
E la visione, ricorda sorridendo, è organizzata dalla CGIL.

Il film, tuttavia, parla di precariato.

Ascanio Celestini, del resto, è un mucchio di tempo, ma mai abbastanza in rapporto alla storia e alle dimensioni del lavoro “flessibile” (e qui si fa riferimento anche ad articoli apparsi sui passati numeri di Tabard) che parla di precariato. Nel film, questa cosa si vede – a tratti è un documentario specialista, il che non vuol dire però che sia “un po’ loffio, un po’ moscio” come dice il Celestini verso la fine, a guisa di captatio benevolentiae (ben riuscita), perché manca la violenza di strada (meno male, dicono gli intellettuali, meno male...) e le grandi storie (ma mancano davvero? vedi sotto)... anzi, tutt'altro – e si apprezza bene.
In fin dei conti un è documentario ben fatto, ben formato. Niente a che vedere con i documentari che ti (che mi) fanno venire il mal di testa tra fatti e interpretazioni soggettive.
Questo film fa venire solo la nausea, ma non nei confronti del film.

...Certo poi, un po’ lui l'ha fatta annusare, l'ha montata la panna, si è sovraesposto come attore e regista socialmente impegnato... ma tant’è, ci va bene, per lo spirito pragmatico contadino mantovano che se qualcuno fa una cosa nel vuoto assoluto, o in un chiaccherare continuo, ma altrettanto vuoto (cfr. la prolusione al film dello smilzo rappresentante della CGIL) la può fare bene o male, in modo narcisista o meno, ma almeno la fa. Poi se Celestini canta una canzone dal suo ultimo album, bè, quella è un'appendice inutile. Punto.

Il viaggio è stato insomma meritevole del biglietto.

Nel vagone-film abbiamo trovato, oltre alla solita sporcizia: la storia di PrecariAtesia, la vera verità sul referendum nazionale sul welfare dell'ottobre 2007 (una schiacciante vittoria di governo e sindacati, CGIL compresa ...ottenuta per alzata di mano!), un briciolo di speranza politica, riferita agli anni '70 (i maledetti anni '70!) e alle esperienze ancora per fortuna vive ed efficaci di autorganizzazione, soprattutto tanti frammenti di vita e storie volutamente "minori" (dal licenziamento in tronco ai problemi enormi derivanti da una semplice sindrome del tunnel carpale) che fanno ben vedere come il precariato che non uccide quantomeno logora, destabilizza, alza la tensione, abbassa la paga. Cioè, precariare stracca.

Ovvero, in dialetto lumbard, stanca.

Lorenzo

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4 Commenti:

Alle 2/20/2008 12:55:00 PM , Blogger Melina2811 ha detto...

ovviamente se non c'è lavoro non ci sono neanche soldi per poter andare al cinema....

 
Alle 2/20/2008 02:58:00 PM , Anonymous Anonimo ha detto...

...Io la nausea c'è l'ho da anni e la cosa più triste e che dopo tanto lavoro ti sembra normale averla e se non ce l'hai provi paura...L'anno scorso mi sono ben classificato in un concorso comunale e forse nei prossimi due anni mi assumono, forse, ripeto. E allora dopo la continua paura del precario, che da un momento all'altro perde il lavoro, a cui mi sono assuefatto, inizio a provare un po’ di paura da impiegato con il posto fisso, trent'anni lì, fantozzianamente lì,...Siamo una generazione maledetta e ovunque andremo ci porteremo sempre dentro le ferite di un precariato selvaggio subito, regalatoci dai nostri genitori, che credo difficilmente si rimargineranno. Grazie Celestini, qualcuno in quest'Italia di merda si ricorda di noi 6 milioni. Bravo Lorenzo. Ciao. Paolo

 
Alle 2/22/2008 09:48:00 PM , Blogger Melina2811 ha detto...

ero già passata mi pare ieri o l'altro ieri, ho trovato carino questo blog ed eccomi di nuovo qua. ciao da Maria

 
Alle 2/23/2008 08:55:00 AM , Anonymous Anonimo ha detto...

Grazie della doppia visita Maria, torna presto che ogni tanto se ne vedono delle belle da queste parti.

 

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