28 novembre 2006

Presentazione a Filosofia

Il giorno primo Dicembre alle ore 11, presso la facoltà di Filosofia di Bologna (aula III, via Zamboni 38), avrà luogo una presentazione congiunta delle riviste Studi di estetica e Tabard. L’incontro sarà incentrato sulla presentazione del numero 32 di Studi di estetica dal titolo Attualità di Anceschi – la cui "fenomenologia relazionistica" ha ispirato i fondatori di Tabard – e del numero 3-4 di Tabard dal titolo Chi ha paura del postmoderno?. In qualità di rappresentanti della redazione di Studi di estetica, parteciperanno al dibattito il prof. Fernando Bollino e il prof. Riccardo Campi. Per la redazione di Tabard interverranno invece Mimmo Cangiano, Antonio Del Vecchio e Francesco Frisari. All’incontro sarà presente anche Matteo Marchesini, il cui articolo Il pluralismo dei padroni. Ovvero perché la filosofia aperta è un circolo chiuso, pubblicato sul numero 3-4 di Tabard, sarà tra gli argomenti centrali del dibattito.

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27 novembre 2006

Tra Poesia e Video-Arte, quando i percorsi si avvicinano fino a toccarsi

Uno dei più grandi equivoci che oggi si fa anche ad alti livelli critici e divulgativi è quello di confondere in maniera semplicistica “poesia” e “poetica” creando effetti in teoria semplicemente divertenti, in realtà quasi inquietanti. In effetti chi non maneggia pienamente la poesia, mi riferisco soprattutto alla critica delle arti contemporanee, rischia di cadere nella trappola andando ad invidiare schemi e sensazioni propri della poesia nel mezzo video applicato all’arte contemporanea, non per questo senza captare la forza di una poetica solida: Yang Fudong ad esempio con i suoi racconti in bianco e nero della vita e delle tradizioni cinesi è un ottimo esempio di trasposizione del racconto (una sorta di prosa poetica) tramite il mezzo video. Ma questo per l’appunto non è sufficiente. La video-poesia è forse invece il migliore modo per partire dalla poesia e ritrovarsi nell’arte, questa infatti ha origine dalla carta e si sviluppa (sempre con identità poetica) attraverso lo strumento video mantenendo un patto di “lealtà” con la sua genitrice.

È poesia quindi? No, è video-poesia, è cosa a sé, ma cosa sempre più importante, con festival ad essa dedicata (per esempio in Italia c’è il lavoro di RomaPoesia) e poeti esperti nel video come Stefano Massari che hanno ottenuto in tal senso risultati egregi (consiglio in quest’ottica, con volontà documentaristica e di studio del linguaggio, l’esperienza di Massari scaturita nei video di FuoriCasa.Poesia).

Speriamo quindi che vada assottigliandosi sempre più la tendenza allo strafalcione ed a chiamare tutto “poesia” (tranne per assurdo la poesia vera e propria, come accennava Gian Mario Villalta in un celebre incontro tenutosi a Pordenone nel 2002 parlando della cosiddetta “generazione di mezzo”).

Matteo Fantuzzi

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25 novembre 2006

Difendiamo Mediaset (Che? Davvero? Boh, dipende)

da http://senonlarealta.blogspot.com/

In realtà da difendere sarebbe Italia 1 che, come riporta Tvblog, è stata multata per i Griffin. La "sentenza" dell'Agcom (Autorità per le Garanzie sulle Comunicazioni) parla del fatto che il cartone andava prima in onda alle due e mezza, orario per i pupi (e fin qui si può anche in parte concordare, ma la multa è ben lungi), e che è un programma per adulti (e pure qui... forse); l'assurda multa è poi motivata dal fatto che questo cartone è "caratterizzato dall'uso di espressioni volgari e di turpiloquio".

Sì, lo so, il tutto è abbastanza ovvio, perbenismo sibilante e strisciante, e quindi evitiamo di cogliere la facile mela proibita della indignazione, del "ma voi avete visto..." e citare le buone domeniche televisive, i sabati postali, ed i pomeriggi rimorchioni, sempre targati mediaset.

E allora se mi devo arrabbiare (già fatto in realtà), mi arrabbio per un'altra questione che emerge dalla vicenda, che non smonta l'equazione implicita cartoni=roba_da_bambini da cui dipendeva l'orario. Provo a spiegarmi... in parte la multa sembra criticarla, ma trasformandosi in una forma di censura, la rafforza; è proprio perchè i cartoni sono roba da bimbi che il "turpiloquio" (ma perché la censura è sempre così ridicola?) non è buono, anzi cattivo cattivo; la "volgarità" è qui letta dall'Autorità (in ogni senso) solo nella sua versione formalista pseudo-pedagogica, immediatamente riconoscibili (le parolacce!!), le altre immondizie non sono nemmeno considerate, è il pupo che qui interessa, non la sua educazione, ma la sua purezza che noi vorremmo tanto proiettare sui teneri bimbini, un pupo-centrismo che assorbe anche gli adulti. Mi ricordo che dopo l'ennesima becera rissa televisiva, uno dei protagonisti si scusò "con le mamme ed i bambini che ci guardano il pomeriggio". Le mamme!, qui perbenismo paternalista e maschilismo vincono alla grande.

Insomma riformulo - anche per dimostrare che non mi schiero con Italia 1 dato che mi fornisce la mia dose settimanale del Dottor House: non difendiamo né Italia 1 che propaga questa stupida concezione dell'animazione con Simpsons e Griffin ad orari ridicoli, né la censura che fa la medesima cosa, per di più con istinti purificatori.

Difendiamo l'animazione come linguaggio narrativo, i Griffin, i Simpsons, American Dad (se mai arriverà qui), Southpark (che da noi non si sa che fine ha fatto), Miyazaki e tanta altra bella roba (perchè l'unica equazione che accetto è quella fra cartoni e droga).

Francesco

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22 novembre 2006

Presentazione a Scienze politiche

Il giorno 22 novembre alle ore 17 Tabard sarà presente nell'aula C della facoltà di Scienze politiche di Bologna (Strada Maggiore n°45) per un incontro di illustrazione del proprio progetto militante. Nell’occasione sarà prevista anche una presentazione del numero doppio Chi ha paura del Postmoderno?, di recente pubblicazione, seguita da un'ampia introduzione al volume di prossima uscita sulla città.

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20 novembre 2006

Synapsis 2006

Come ogni anno, da sei anni a questa parte, i comparatisti d’Europa si riuniscono in un’amena località del centro Italia per Synapsis, un convegno internazionale promosso da un consorzio universitario che riunisce le Università di Bologna e Siena e organizzato quest’anno dai senesi Roberto Bigazzi, Laura Caretti e Simona Micali. Nella pittoresca Certosa di Pontignano, a qualche chilometro di collina da Siena, gli ultimi giorni d’estate hanno accolto un centinaio fra studenti, dottorandi e professori da tutto il mondo – compreso un brillante francesista nepalese, un gruppo di italianisti di Malta e la nostra spedizione da Bologna (un’Y10 con dentro tre studenti e Remo Ceserani ottimisticamente lanciata sull’Autosole, ma poi smarrita sulle tracce dei trattori tra Vagliagli e Pontignano).

A partire dalla parola d’ordine di quest’anno, “Exile” o dell’esilio, ognuno ha trovato la sua strada: Jürgen Wertheimer (Tübingen) e Marc Cerisuelo (Paris X) hanno affrontato il tema in modo diretto, guardando l’uno agli scrittori, l’altro ai registi tedeschi e austriaci costretti all’esilio durante il regime nazista; altri, ad esempio Maria Di Battista (Princeton) nel suo seminario su “Exilic Time”, hanno pensato l’esilio in termini più metaforici che fisici e spaziali, come esilio da se stessi e dall’esperienza quotidiana, figura della frattura e della distanza che originano la riflessione artistica. Dame Gillian Beer, che da Cambridge dirige la British Comparative Literature Association, si è occupata del ritorno dell’esule in patria dal Figliol Prodigo a Gulliver’s Travels, giudicando questo un momento assai poco risolutivo, anzi, virtualmente irrealizabile a causa dell’irrecuperabile differenza maturata tra il viaggiatore e la terra natia. Per fortuna sembra che lo straniero in patria possa anche guadagnare qualcosa dal suo esilio: per la scrittrice Melania Mazzucco, autrice di Vita e Lei così amata, la letteratura offre un rifugio a tutti gli esuli scacciati dalla propria terra perché permette di rivisitarla e ricrearla nella finzione letteraria, e, come fa Ovidio nei Tristia, proclamare la propria libertà dal potere di qualsiasi Cesare.

Dopo una settimana di discussioni sempre più astratte, si é rivelata piuttosto illuminante la lezione di Hayden White su “Exile and Abjection”, che ha richiamato tutti alla materialità e alla realtà anche politica dell’esilio, cominciando con una citazione dall’antropologa Mary Douglas: “Dirt is matter out of place”. Se lo sporco è materia fuori posto, significa che l’identità, o almeno la valutazione sociale, dipendono dalla posizione nello spazio in cui qualcuno o qualcosa si trova. Per questo le società tradizionali utilizzano l’esilio come massimo grado di sanzione contro i membri dell’aristocrazia: oltre i confini della propria terra, della propria cultura e della propria legge, la persona perde valore e identità, svanisce nell’indeterminatezza del fuori, dell’altro. Ecco da dove viene il significato dell’inquietante palindromo inglese “Able was I ere I saw Elba” (capace fui io prima di vedere l’Elba), pronunciato con rammarico da un triste Napoleone in esilio: l’esilio rende inabili, inutili, impotenti. Dopo la tavola rotonda conclusiva tenuta dal gruppo del CILCA bolognese (Centro interdipartimentale…), l’ultima libagione dell’ottimo cibo e del vino locale, e un gustoso spettacolo teatrale su cui il gruppo della Caretti aveva faticato tutte le sere mentre altri gozzovigliavano. L’appuntamento è rinnovato per Synapsis 2007, il prossimo settembre a Bertinoro.

Rosa

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17 novembre 2006

Tabard a Misano!

È fissata per il giorno sabato 18 novembre alle ore 21 la prossima presentazione della rivista militante Tabard. L'incontro si terrà presso il cinema Astra a Misano Adriatico (Rimini), in via Gabriele D'Annunzio n° 20. Il tema della serata sarà incentrato sul rapporto con l’alterità, i meccanismi di potere alla base delle relazioni umane e sociali e la validità del relativismo come strumento di decostruzione di tali dinamiche. La trattazione di questi argomenti verrà affrontata anche con l’ausilio di una serie di letture di "maestri" tabardiani. Nel corso della serata sarà inoltre presentato il cortometraggio Ancora un po’ di caffè di Andrea Cedrola. Le letture e la proiezione saranno precedute e seguite da una selezione di brani musicali eseguiti dal vivo da Enrico "Seba" Cappelletti ed Eugenio Passarini.

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15 novembre 2006

Il fiume, la foresta o la rivoluzione...

Sono reduce da uno splendido weekend londinese. Non mi dilungo sulle tracce che questo viaggetto mi ha lasciato addosso, se ne riparlerà in altre occasioni. No, questo post è in parte legato al precedente: si tratta infatti di Tabard nel mondo. Ebbene, mentre me la spasseggiavo bello tranquillo lungo il Tamigi degustando qua e là una mostra e una veduta panoramica, un hot dog con cipollazze e uno skatepark tutto decorato (per inciso ho cercato famelicamente tracce banksiane, purtroppo senza risultati) mi sono imbattuto in un'esposizione fotografica di un tipo giustamente sconosciuto. Il titolo era qualcosa sul bianco e nero, per fortuna non ricordo; il contenuto di una banalità disgustosa: sì, c'era il lago con gli alberi e relativo riflesso, la strada statale dritta dritta che taglia la pianura vista dal centro, insomma un campionario di scopiazzature immonde. Ma. Mentre scorro le foto scaccolandomi che cosa non leggo su una targhetta?



"Tabard Works - Down's medical instruments". Penso subito: "Amazing!". Poi penso anche: "Appena torno a Parigi la metto sul blog". Eccofatto.

Paolo De Guidi

p.s.: il titolo del mio inutile post è una citazione dal mio prof di Letteratura generale e comparata; si parlava di nebbia e romanticismo in un quadro di non so più quale pittoraccio austriaco degli anni '40-'50 del diciannovesimo e Mr. Claudon ci dice che gli ricorda la bruma che in Flaubert ricopre "la fleuve, la forêt ou la révolution, je ne me rappel pas...".
p.p.s.: il post è anche una scusa per rianimare il blog che mi sembra ricaduto in stato comatoso.
p.p.p.s.: tranquilli, non l'ho dimenticata. La foto relativa alla targhetta è questa.

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07 novembre 2006

Tabardiani di tutto il mondo...

La rete è strana, strana forte; girovagheggiavo di su e di giù per combattere un freddo esistenziale ai piedi ed un'ansiogastrite, chè a divagare magari ti svaghi, e mi imbatto (sarò onesto: mi reimbatto) in un post di un blog che linka un video/documentario di uno "storico" parrucchiere di San Lorenzo, "storico" quartiere qui a Roma (sta città c'ha il vizio della storicità, dello storicismo non so); stavolta seguo il link, vedo il video, dal titolo Il silenzio fuori, fra i titoli di coda becco il tabardiano Andrea Cedrola come sceneggiatore, al che screenshotto il tutto, ed il tutto diventa 'sto post, più due foto ed un link; strana la rete.

Francesco

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05 novembre 2006

¿La batalla del Día de Muertos?

Articolo di Antonio Gershenson
da La Jornada del 5 novembre 2006
(traduzione molto approssimativa di E. Santangelo)



Mi chiedo se con questo nome passerà alla storia la battaglia svoltasi a Oaxaca, durata varie ore, il 2 di novembre. Nonostante ci siano stati altri ingredienti, per niente positivi, come l’aumento nella lista di feriti, detenuti e scomparsi e per lo meno un morto, nuovamente a causa di una granata di gas lacrimogeno nel petto, l’elemento singolare è stato un altro. La Polizia Federale Preventiva (PFP) ha dovuto ritirarsi nel mezzo di una pioggia di pietre e altri proiettili.

Chiaro che, avvenuta la disfatta della PFP, prima il capo di Stato Maggiore di quest’ultima e poi il segretario de la Sicurezza Pubblica Federale e il segretario di Governo, pronunciarono il famoso “alla fine neanche lo volevo” (al fin que yo ni quería), con diverse varianti, incluso il rispetto dell’autonomia universitaria.



Poiché l’assedio della Città Universitaria (CU) è stato accompagnato dal bombardamento da un elicottero dei dintorni della Radio Universidad, con bombe di gas lacrimogeno. Si sentiva la annunciatrice parlare, e in sottofondo le esplosioni delle bombe. Certo, sanno già come difendersi e proteggersi, il fatto è che mai hanno smesso di parlare, informare, eccetera, nonostante il gas. Perché tali aggressioni all’interno della CU, se davvero non avrebbero voluto prenderla?

Altro elemento importante nello stesso senso. LA Jornada TV trasmette un video nella cui parte iniziale si vedono i federali che rompono una della porte di accesso alla stessa CU. Era, evidentemente, il primo passo per entrare. Chi dispone vari poliziotti federali, dotati di arnesi da scasso, perché rompano una porta se non ha intenzione di attraversarla? Tale atto costituisce già un’altra violazione all’autonomia.



Altro discorso è che le cose non sono andate come loro volevano. Arrivavano rinforzi di federali, però anche gente che vive lì vicino, e studenti, padri di famiglia, eccetera. E c’è stato un momento nel quale è scoppiata una battaglia massiccia (NdT: traduzione grossolana, mi si scusi la stanchezza), con i federali che lanciavano gas lacrimogeni.

Verso le 14:30 inizia la ritirata dei federali, sotto la pioggia di pietre e altro. In Radio Universidad insistono che è stata vinta la battaglia, ma non la guerra, che bisogna approfittarne per riorganizzarsi, ricostruire le barricate e procurarsi ciò che manca.



Si informò che questa gente organizzata che difendeva la CU era arrivata ad attaccare i federali su cinque fronti allo stesso tempo. Questo deve aver contato nel risultato. Così come la varietà dei proiettili artigianali, e l’ingegno e la decisione che hanno mostrato i difensori.



Numerosi politici, anche del PRI, si sono pronunciati contro la violazione dell’autonomia universitaria, ore prima che i funzionari menzionati citassero ciò di cui sopra come pretesto per coprire la loro sconfitta.



È vero che il conflitto a Oaxaca è lontano dal risolversi. Però la vittoria dei difensori dell’università è molto importante, e la sua portata va al di là di aspetti tattici, del chi controlla quale parte della città. Nel poco tempo trascorso tra la ritirata della PFP e il momento in cui si scrive questo articolo, già si nota un principio di cambio nello scenario politico del problema.



Da un lato, la solidarietà nazionale e internazionale al movimento oaxaqueño si è ampliato ancora di più. Dall’altro, il governatore di Oaxaca ha ricevuto un altro colpo politico, limitato se si vuole, però reale, quando la Corte Suprema ha rifiutato i suoi reclami contro le sollecitudini di dimissioni provenienti dalle due camere legislative federali. Insisto, il problema è lontano dal risolversi, è vero che una soluzione di fondo passa, tra le altre cose, per la scomparsa di poteri in questo stato, però con tutti i problemi che ci sono, le relazioni di forza nello stato sono più favorevoli ai settori popolari di quanto non lo fossero prima della menzionata battaglia.

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